Avv. Lorenzo Mariani
La Sentenza n. 11268 del 01.08.2020 della Sezione X Civile del Tribunale di Roma fornisce degli spunti di riflessione sulle caratteristiche della prova del conflitto di interessi ai fini dell’annullabilità del contratto ex art. 1394 cc, anche con riferimento alle risultanze di un parallelo processo penale.
Pubblicato su Salvis Juribus il 27.12.2021 (ISSN 2464-9775). Clicca qui per leggere l'articolo
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2 ago. 2025 • tempo di lettura 7 minuti
Ogni anno, in occasione delle vacanze estive, si ripresenta per noi avvocati familiaristi – divorzisti il problema delle coppie separate relativo alle vacanze con i figli.Cercheremo qui di chiarire i punti salienti, sottolineando sempre che in tali casi dovrebbe prevalere il buon senso e non l’egoismo.La legge prevede che i genitori separati debbano comunicare all’altro genitore con congruo avviso (di solito entro maggio) le date in cui vogliono trascorrere le vacanze con i propri figli. Generalmente, i protocolli dei Tribunali italiani garantiscono un periodo di 15 giorni anche non continuativi per le vacanze estive. Inoltre, nei casi di separazione altamente conflittuale, è consigliabile inserire un’apposita clausola negli accordi di separazione o divorzio, che imponga a entrambi i genitori di comunicare reciprocamente dove trascorreranno le vacanze con i figli ed anche la regolamentazione delle chiamate/videochiamate quando i figli sono in vacanza con l'altro genitore.Spesso, però, accade che tali comunicazioni non vengano effettuate per tempo, per i più svariati motivi. Cosa accade in tal caso?Dal punto di vista civilistico la mancata comunicazione del luogo di vacanza può essere considerata una violazione del principio di collaborazione tra genitori. Invero, l’art. 143 c.c. impone ai genitori l’obbligo di collaborare nell’interesse della famiglia. Pertanto, il genitore che omette di comunicare la destinazione delle vacanze potrebbe essere ritenuto responsabile di un illecito endofamiliare, che comporta - in caso di ricorso al Tribunale – l’ammonizione del genitore inadempiente da parte del giudice e la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali, in caso di grave pregiudizio per l’altro genitore.Da un punto di vista penale, non si configura alcun reato se un genitore porta in vacanza i figli senza comunicarlo all’altro. Attenta giurisprudenza di merito in materia (Trib. Rieti, Sez. GIP, 15.06.2011) ha chiarito alcuni aspetti:· La condotta de quo è sì una “violazione piuttosto grave”, poiché rende difficile all’altro genitore rintracciare i figli in caso di emergenza, tuttavia, se gli accordi di separazione o divorzio prevedono solo l’obbligo di concordare i periodi di vacanza, ma non il luogo preciso, non si configura alcun reato. In particolare, non si tratta di violazione dell’art. 388, comma 2, c.p. (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice), né di violazione dell’art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare).Pertanto, pur non essendovi gli estremi di reato, ciò non significa che il comportamento di omettere una tale comunicazione sia giusto o men che meno accettabile in quanto si incorre in ogni caso nella violazione del diritto dell’altro coniuge di conoscere il luogo dove i propri figli si trovano e che risulta sanzionabile dal punto di vista civile. Tutto ciò, inoltre, va ad enorme discapito dei bambini per il cui bene i due genitori dovrebbero collaborare e non farsi delle inutili guerre.Altro tema scottante riguarda il mantenimento durante le vacanze estive. L’assegno di mantenimento deve essere pagato anche quando i figli trascorrono le vacanze con chi ne è obbligato? È questa una domanda molto comune tra i genitori separati. Preliminarmente, va osservato come l’assegno di mantenimento è considerato come una rateizzazione di una somma unica annuale, precedentemente stabilita dal giudice della famiglia, che viene appunto rateizzata per permetterne il più comodo e regolare adempimento da parte dell’obbligato. Proprio per tali motivi il genitore non collocatario ed obbligato al versamento dell’assegno non potrà essere sollevato da tale obbligo neppure nel periodo in cui i bambini trascorreranno con lui le vacanze estive. La Corte di Cassazione Sez. I Civile ha infatti sancito come l’obbligo al mantenimento non sia il semplice rimborso mensile delle spese sostenute per i minori, ma si configuri in una rata mensile di un contributo annuo già precedentemente determinato e dunque non influenzato dal fatto che i minori trascorrano le vacanze con l’uno o l’altro genitore. Con la Sentenza dell’8 settembre 2014, n. 18869 la Corte ha infatti dichiarato che: “(…) Non sussiste il vizio motivazionale denunciato. In realtà la denuncia attiene alla contraddittorietà della decisione rapportata all’affermazione del criterio assistenziale dell’assegno. La Corte di merito ha motivato il rigetto della domanda del P. di riduzione dell’assegno per il periodo estivo, in cui le ragazze soggiornavano presso di lui, facendo riferimento al consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale, in mancanza di diverse disposizioni, il contributo al mantenimento dei figli minori, determinato in una somma fissa mensile in favore del genitore affidatario, non costituisce il mero rimborso delle spese sostenute dal suddetto affidatario nel mese corrispondente, bensì la rata mensile di un assegno annuale determinato, tenendo conto di ogni altra circostanza emergente dal contesto, in funzione delle esigenze della prole rapportate all’anno. Ne consegue che il genitore non affidatario non può ritenersi sollevato dall’obbligo di corresponsione dell’assegno per il tempo in cui i figli, in relazione alle modalità di visita disposte dal giudice, si trovino presso di lui ed egli provveda pertanto, in modo esclusivo, al loro mantenimento (v., in tal senso, Cass., sent. n. 12308 del 2007, n. 566 del 2001).Altra vexata quaestio riguarda, poi, la natura delle spese delle vacanze estive. In particolare, ci si chiede se tali spese siano da considerarsi straordinarie o meno e se dunque vadano divise tra i due coniugi. La Cassazione si è più volte espressa in materia di spese straordinarie, stabilendo che “Le spese ordinarie sono quelle destinate a soddisfare i bisogni quotidiani del minore, mentre, quelle straordinarie, sono costituite dagli esborsi necessari a far fronte ad eventi imprevedibili o addirittura eccezionali, ad esigenze non rientranti nelle normali consuetudini di vita dei figli minori fino a quel momento, o comunque spese non quantificabili e determinabili in anticipo o di non lieve entità rispetto alla situazione economica dei genitori”. Le “spese straordinarie” sono, dunque, quelle destinate a far fronte a ciò che è imprevedibile ed impronosticabile e, come appare evidente, le vacanze estive non fanno parte di tali eventualità. Sarà quindi onere del genitore con il quale il minore trascorrerà la vacanza sostenere le spese per la stessa. Qualora invece si tratti di vacanze trascorse autonomamente dal bambino, quali campi scuola o campeggi estivi, sarà necessario un preventivo accordo tra i genitori per regolamentarne i pagamenti.Va, infine analizzato il caso – non infrequente ai nostri giorni – di vacanze all’estero. La risposta è da cercarsi, in primis, negli accordi di separazione. Non è inusuale che nel provvedimento giudiziale sia fatta menzione del reciproco assenso dei genitori al rilascio dei documenti validi per l’espatrio dei figli. In altri casi, invece, i genitori si accordano per consentire viaggi all’estero del minore soltanto al compimento della maggiore età, ovvero soltanto in determinati luoghi ad esclusione di altri, per fare degli esempi. Nel caso in cui, diversamente, non sia stato previsto nulla nel provvedimento del Tribunale, il genitore che intenda portare con sé il figlio minore per un viaggio all’estero dovrà chiedere, necessariamente, il consenso dell’altro genitore affinché il Comune o la Questura rilascino i documenti occorrenti. In caso di rifiuto immotivato, quindi, l’altro genitore potrà rivolgersi al Giudice competente presso il Tribunale ordinario civile che, compiuti gli accertamenti occorrenti per il caso concreto tramite delega alle Forze dell’Ordine interessate (ad esempio i Carabinieri di zona), valutate le ragioni dell’altro, potrà autorizzare il rilascio del documento valido all’espatrio. Tra le motivazioni considerate quali legittime giustificazioni del rifiuto del genitore a consentire il viaggio all’estero del figlio si annoverano, ad esempio, il fondato timore per viaggi in località insalubri o rischiose a causa di situazioni politicamente instabili o guerre, ovvero la sussistenza del fondato pericolo che il genitore intenda trasferirsi stabilmente all’estero portando i bambini con sé.Occorrerà, quindi, depositare un ricorso presso la cancelleria del Giudice Tutelare del Tribunale competente per la residenza del minore nel quale allegare il verbale di separazione o la sentenza di divorzio, la documentazione che attesti l’impossibilità ad acquisire il consenso dell’ex coniuge e il proprio stato di famiglia.Letto il ricorso il Giudice fisserà un’udienza per verificare le ragioni del mancato assenso del genitore e per decidere se concedere o meno l’autorizzazione volta ad ottenere il rilascio o il rinnovo del passaporto.L’istanza del rilascio del passaporto sarà rigettata se il Giudice riterrà che il rilascio o il rinnovo del passaporto sia pregiudizievole per il minore; al contrario, accoglierà l’istanza qualora ritenga che non vi siano pregiudizi per il minore oppure che il rifiuto da parte dell’ex coniuge sia ingiustificato. In caso di accoglimento del ricorso, il giudice emetterà un decreto con cui autorizza l’ex coniuge ad ottenere il rilascio o il rinnovo del passaporto.Ulteriore vexata quaestio: si possono sentire i figli mentre sono in vacanza con l'altro genitore? Anche qui è consigliabile inserire tale clausola negli accordi di separazione, ovviamente sì, è possibile sentire i propri figli mentre sono in vacanza con l'altro genitore, ma senza che telefonate e videochiamate diventino strumento di controllo e intralcino la genitorialità dell'altro genitore. Anche qui, dovrebbe prevalere il buon senso ed il rispetto.Concludendo, vogliamo concludere questa disamina cercando di rispondere alla domanda che, oramai, è comune: “Si possono portare i figli in vacanza con il nuovo partner”? Al riguardo, non esistono regole specifiche dettate dal Legislatore e solo il buon senso dovrebbe regolare questo aspetto. Quindi, il primo consiglio è inserire clausole negli accordi di separazione che regolino tali aspetti, considerando sempre the child’s best interests, e quindi condizionando tale eventualità all’assenza di gravi situazioni che possano essere pregiudizievoli per il minore.Nella speranza che quest’anno prevalga il buon senso, auguriamo a tutti buone vacanze.
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15 nov. 2021 • tempo di lettura 3 minuti
Gli accordi tra i soci che si pongono al di fuori dal contratto sociale sono definiti “patti parasociali”: rispondono agli interessi più vari e si caratterizzano per essere pattuizioni a cui la società rimane totalmente estranea.Tuttavia, nella prassi è sorta l’esigenza dei soci di realizzare un collegamento tra lo statuto sociale e i patti parasociali da essi conclusi: ma come? e ciò è compatibile con il diritto societario?1. Cosa sono i patti parasociali.2. Qual è la loro efficacia nei confronti della società.3. La clausola statutaria che limita la circolazione delle partecipazioni alla preventiva adesione dell’acquirente a un patto parasociale: efficacia reale a un patto parasociale?1- Cosa sono i patti parasociali.I patti parasociali sono accordi tra soci, o tra soci e terzi, stipulati a làtere del contratto sociale, ossia non consacrati nell’atto costitutivo (per questo “para” sociali).Mediante i suddetti patti, i paciscenti si obbligano a tenere un determinato comportamento nella società o verso la società. In base al comportamento da tenere si possono, ad esempio, distinguere:Sindacati di voto, con cui i soci si impegnano a concordare preventivamente come votare in assemblea. Sindacati di blocco, con cui i soci si obbligano a non vendere le proprie partecipazioni per un periodo di tempo o a sottoporre il trasferimento ad un gradimento o prelazione del sindacato. Sindacati di controllo, con cui i soci si accordano su come esercitare la loro influenza dominante nella società. Da un punto di vista prettamente giuridico, i patti in oggetto si configurano come contratti plurilaterali collegati in via unilaterale con il contratto sociale, poiché le vicende della società incidono sugli accordi dei soci, mentre il contratto sociale è assolutamente indifferente alle vicende modificative dei patti.Il legislatore non fornisce una definizione, ma all’art. 2341 bis c.c. e all’art. 122 bis T.U.F. (per le società quotate) ne disciplina la durata e la pubblicità. Tale regolamentazione ha affermato l’ammissibilità dei patti parasociali che, prima della riforma del diritto societario del 2003, era fortemente discussa. 2 - Qual è la loro efficacia nei confronti della società.Come detto i patti parasociali si collocano al di fuori dell’atto costitutivo, pertanto, a differenza dei patti “sociali”, non hanno efficacia reale bensì efficacia obbligatoria: essi non vincolano i soci presenti e futuri, ma solo i soci paciscenti.Pertanto, se un socio non rispetta il patto, ad esempio non vota in assemblea secondo quanto prestabilito, sarà tenuto a risarcire il danno agli altri soci aderenti, ma, nei confronti della società, la delibera adottata sarà valida ed efficace. 3 - La clausola statutaria che limita la circolazione delle partecipazioni alla preventiva adesione dell’acquirente a un patto parasociale: efficacia reale a un patto parasociale?Nella prassi è sorta l’esigenza di collegare i patti parasociali allo statuto sociale, tanto che i notai milanesi si sono interrogati circa la validità di una clausola statutaria che subordini l’ingresso in società di un terzo-acquirente all’adesione ad un patto parasociale, giungendo ad una risposta positiva.Nella Massima n. 194 del Consiglio Notarile di Milano, si precisa che una clausola siffatta debba fare riferimento ad un patto parasociale noto alla società, conosciuto dall’organo amministrativo e comunicato al terzo acquirente, e che il suo richiamo nello statuto non comporta l’attribuzione di un’efficacia reale. Ciò che è opponibile ai terzi è la sola “regola statutaria” che subordina l’efficacia del trasferimento all’adesione al patto, mentre le disposizioni contrattuali in esso contenute (fuori dallo statuto sociale) mantengono la natura di clausole para-sociali. La loro violazione da parte del nuovo socio-aderente non acquisterebbe rilievo “reale” nei confronti della società, potendo essere solo fonte di rimedi risarcitori da parte dei contraenti eventualmente danneggiati. Non si rende obbligatorio il rispetto del patto parasociale, ma solo la sua adesione. Editor: dott.ssa Flavia Carrubba
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Egregio Avvocato
1 mar. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
Il riformato art. 70 disp. att. c.c. prevede che per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma di massimo 200 euro e, in caso di recidiva, fino a 800 euro.E' quindi innanzitutto necessario che il regolamento condominiale disciplini le violazioni alle quali conseguirebbe il trattamento sanzionatorio individuando il trattamento sanzionatorio stesso.Per quanto concerne invece l'applicazione concreta della sanzione prevista nel regolamento, con la modifica introdotta con il Decreto Destinazione Italia del 2013 è stato esplicitato che la sanzione debba essere deliberata dall'assemblea con le maggioranze di cui all'art. 1136 c.c.La sanzione di importo superiore a quella prevista dalla norma è nulla, così come è nulla la delibera assembleare nella quale viene adottata la sanzione in contrasto con i limiti dettati dalla norma.I destinatari della sanzione sono i condomini, per cui non potendosi fare applicazione analogica della norma, non può essere irrogata una sanzione diretta nei confronti dei conduttori o dei detentori dell'immobile.Infine, la norma prevede che quanto ricavato dalle sanzioni irrogate, venga utilizzato per le spese ordinarie di gestione.Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocatiwww.wrmilanoavvocati.com wravvocati@gmail.com +393397007006
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2 ago. 2021 • tempo di lettura 4 minuti
Il codice civile agli articoli 150, 151, 154 e 158 disciplina la separazione personale dei coniugi.L’istituto, che si differenzia nettamente rispetto al divorzio, consiste in una situazione di legale sospensione dei doveri reciproci dei coniugi, salvi quelli di assistenza e di reciproco rispetto.In particolare, la separazione è quella situazione temporanea dove il vincolo matrimoniale si allenta ma non si scioglie e costituisce un rimedio al venir meno dell’affectio coniugalis.La funzione dell’istituto è duplice: mantenere vivo il vincolo coniugale, che può sempre tornare alla sua piena efficienza con la riconciliazione (art. 157 c.c.) o predisporre le basi per il successivo scioglimento del vincolo.Quanti tipi di separazione sono disciplinati dal codice civile?Cosa s’intende per separazione di fatto?Quali sono gli effetti della separazione personale dei coniugi?A chi spetta il diritto di chiedere la separazione?1 – Quanti tipi di separazione sono disciplinati dal codice civile?Ai sensi dell’articolo 156, comma II, c.c. la separazione può essere: a) giudiziale, se ha il suo presupposto nell’intollerabilità della convivenza o nel grave pregiudizio per l’educazione dei figli ed è pronunciata dal Tribunale ad istanza di uno o di entrambi i coniugi (art. 151 c.c.); b) consensuale, se ha il suo presupposto nel consenso dei coniugi ed avviene per accordo delle parti che dovrà essere omologato dal Tribunale (art. 158 c.c.). In entrambe le ipotesi si parla di separazione legale, in quanto lo status di vita separata si instaura tra i coniugi soltanto a seguito di un provvedimento giurisdizionale.Vi sono, inoltre, forme particolari di separazione, che pur trovando la loro disciplina in un provvedimento giurisdizionale non comportano la modificazione dello status coniugale: a) separazione temporanea disposta in pendenza del giudizio di nullità del matrimonio davanti ai tribunali civili; b) la separazione ordinata dal presidente del Tribunale in sede di provvedimenti temporanei e urgenti durante il giudizio di separazione.2 - Cosa s’intende per separazione di fatto?Lo status di coniuge legalmente separato può nascere solo da una sentenza di separazione giudiziale o dall’omologazione di una sentenza consensuale.Tuttavia, i coniugi possono porre fine alla convivenza dando vita a situazioni che non sono irrilevanti per l’ordinamento e che producono determinati effetti giuridici, in parte diversi rispetto a quelli prodotti dalla separazione legale.La separazione di fatto richiede la cessazione della convivenza dei coniugi. Non costituiscono, pertanto, separazione di fatto le ipotesi (viaggi, ricoveri in ospedale, servizio militare) nelle quali la coabitazione sia temporaneamente interrotta senza che si verifichi alcuna frattura dell’affectio coniugalis. Costituisce separazione di fatto anche la separazione consensuale non omologata, quando i coniugi concordano la cessazione della convivenza senza far ricorso all’autorità giudiziale.La separazione di fatto rileva quale fondamento dell’azione di disconoscimento della paternità, non comporta il venir meno della presunzione di concepimento e non determina lo scioglimento della comunione legale.3 - Quali sono gli effetti della separazione personale dei coniugi?La separazione, come innanzi detto, non scioglie il matrimonio ma sospende soltanto alcuni doveri reciproci dei coniugi, quali quelli legati alla vita in comune.In particolare, il dovere di fedeltà si riduce al mero dovere di rispetto dell’onorabilità del coniuge, vengono meno gli obblighi di convivenza e di collaborazione, ma la moglie conserva il cognome del marito. Quanto ai rapporti patrimoniali, si scioglie la comunione legale ma permangono il fondo patrimoniale e l’impresa familiare.A fronte della separazione, sorge l’obbligo in capo al coniuge di fornire all’altro coniuge, se privo di adeguate risorse economiche, i mezzi necessari per le ordinarie esigenze di vita. Il mantenimento in favore dei figli, invece, grava su entrambi i genitori in misura proporzionale al reddito di ciascuno.4 - A chi spetta il diritto di chiedere la separazione?La separazione può essere chiesta da uno o da entrambi i coniugi, compreso il coniuge che con il suo comportamento abbia cagionato l’intollerabilità della convivenza o la situazione pregiudizievole ai figli. Nel giudizio di separazione la qualità di parte spetta esclusivamente ai coniugi e non può essere riconosciuta ai parenti di questi, neppure al fine di tutelare più efficacemente gli interessi dei figli minori.Il diritto di chiedere la separazione è: a) personalissimo, né deriva l’intrasmissibilità agli eredi, poiché il diritto cessa con la morte del suo titolare e non è ammissibile la prosecuzione in giudizio da parte degli eredi; b) indisponibile, ciò comporta che la separazione non può essere oggetto di compromesso per arbitrato; c) imprescrittibile. È consentita la rappresentanza volontaria dei coniugi da parte di procuratori speciali delimitando l’ambito che la parte rappresentata intende far valere a mezzo del rappresentante.Per l’interdetto non può agire il tutore il quale, tuttavia, ha la legittimazione passiva nel giudizio di separazione promosso dall’altro coniuge.Editor: Avv. Elisa Calviello
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Egregio Avvocato
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