Avv. Ruggiero Gorgoglione
Il riformato art. 70 disp. att. c.c. prevede che per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma di massimo 200 euro e, in caso di recidiva, fino a 800 euro.
E' quindi innanzitutto necessario che il regolamento condominiale disciplini le violazioni alle quali conseguirebbe il trattamento sanzionatorio individuando il trattamento sanzionatorio stesso.
Per quanto concerne invece l'applicazione concreta della sanzione prevista nel regolamento, con la modifica introdotta con il Decreto Destinazione Italia del 2013 è stato esplicitato che la sanzione debba essere deliberata dall'assemblea con le maggioranze di cui all'art. 1136 c.c.
La sanzione di importo superiore a quella prevista dalla norma è nulla, così come è nulla la delibera assembleare nella quale viene adottata la sanzione in contrasto con i limiti dettati dalla norma.
I destinatari della sanzione sono i condomini, per cui non potendosi fare applicazione analogica della norma, non può essere irrogata una sanzione diretta nei confronti dei conduttori o dei detentori dell'immobile.
Infine, la norma prevede che quanto ricavato dalle sanzioni irrogate, venga utilizzato per le spese ordinarie di gestione.
Avv. Ruggiero Gorgoglione
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28 ago. 2024 • tempo di lettura 2 minuti
Un tema da sempre dibattuto e controverso riguarda il diritto/dovere in capo ai genitori di garantire ai figli un buon rapporto con l'ex coniuge, facendo in modo che gli stessi mantengano un'immagine positiva dell'altro genitore.Spesso, purtroppo, ciò non succede. Quid iuris se si verifica una tale situazione? Esemplare è, al riguardo, la decisione del Tribunale di Roma (Tribunale di Roma n. 18799/2016), con la quale una madre è stata condannata a risarcire all’ex marito la somma considerevole di € 30.000,00 per non avere garantito il recupero del rapporto di questi con il figlio, avendo la stessa screditato continuamente il padre agli occhi del minore. Ed invero, come precedentemente sottolineato, ogni genitore, dopo la separazione o il divorzio, deve consentire che i figli mantengano con l’altro un buon rapporto e ne conservino una immagine positiva, per garantirne la crescita equilibrata. In caso contrario, chi non ottempera può essere condannato al risarcimento dei danni ex art. 709-ter c.p.c. in favore dell’altro genitore alienato. Tale somma, da decidersi sempre nel caso concreto, tenendo conto della gravità dei fatti e delle capacità economiche delle parti in causa, ha soprattutto una funzione di monito e di deterrente al tempo stesso, in quanto l’obiettivo del giudice è, nel caso di specie, quello di garantire "la cessazione del protrarsi dell’inadempimento degli obblighi familiari, poiché gli stessi per la loro natura personale sono di per sé incoercibili e non sono suscettibili di esecuzione diretta".Nel caso concreto sottoposto all’esame del Tribunale di Roma, la madre avrebbe dovuto agire in maniera tale da consentire al figlio di recuperare il ruolo del padre, al fine di garantire la tutela della bigenitorialità, mentre la donna non aveva fatto altro che ostacolare agli incontri programmati tra padre e figlio ed impedire il funzionamento dell’affido condiviso con comportamenti di discredito della figura paterna.La decisione dei Giudici Romani appare pienamente condivisibile, soprattutto in relazione alla funzione di monito e di deterrente assegnata alla condanna in questione.Prof. Avv. Domenico Lamanna Di Salvo Matrimonialista - Divorzista - Curatore Speciale del Minore
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13 mag. 2021 • tempo di lettura 4 minuti
I figli maggiorenni se da un lato non sono più giuridicamente soggetti ai diritti e ai poteri di indirizzo educativo dei genitori, dall’altro continuano ad essere titolari di un diritto generale al mantenimento il cui contenuto è abbastanza ampio in quanto vengono contemplate le esigenze di studio, di svago, di sport, di socializzazione e di cura della persona.L’obbligo di mantenimento gravante sul genitore, dunque, non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età da parte del figlio ma, tuttavia, non può protrarsi illimitatamente nel tempo.Secondo parte della dottrina, il mantenimento si protrae fino al momento in cui il figlio abbia conseguito una propria indipendenza economica e sia, quindi, in grado di provvedere in modo autonomo al soddisfacimento delle proprie esigenze.Recentemente la Corte di Cassazione con l’ordinanza n.17183/2020 ha enunciato il principio dell’autoresponsabilità del figlio maggiorenne abbandonando, così, ogni forma di assistenzialismo.Qual è la durata dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni?Qual è l’onore della prova alla luce dell’ordinanza n. 17183/2020?È possibile il pagamento dell’assegno direttamente al figlio maggiorenne?Allo studente fuori sede spetta un aumento dell’assegno?1 – Qual è la durata dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenniPer anni la giurisprudenza ha ritenuto che il diritto del figlio ad essere mantenuto dai propri genitori non cessi automaticamente con il compimento della maggiore età, ma perduri – immutato – finché non sia stata data prova che il figlio abbia raggiunto l'indipendenza economica oppure che il mancato svolgimento di un'attività lavorativa dipenda da un atteggiamento di inerzia del figlio stesso o da un suo rifiuto ingiustificato.Secondo il nuovo orientamento enunciato dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 17183/2020, il figlio è in grado di provvedere a sé stesso non appena compie 18 anni, a meno che non dimostri di avere ancora diritto ad essere mantenuto dai genitori.Tale orientamento ha la finalità di spronare il figlio a non adagiarsi, a non attendere e, al contrario, ad attivarsi proficuamente per il raggiungimento dei propri obiettivi.Nel momento in cui il figlio, ha già concluso il suo percorso formativo e non trova un'occupazione compatibile con la sua preparazione, non potrà attendere che arrivi l'occasione lavorativa perfetta, ma deve andare a ridimensionare le proprie aspirazioni e rendersi indipendente.Si afferma così il principio dell'autoresponsabilità: il figlio maggiorenne ha diritto ad essere mantenuto oltre il compimento dei 18 anni solo se dimostra di essere in possesso dei requisiti per beneficiare di tale contributo economico.2 - Qual è l’onore della prova alla luce dell’ordinanza n. 17183/2020?In base all'orientamento maggioritario, è il genitore obbligato al mantenimento che deve provare il raggiungimento dell'indipendenza economica da parte del figlio oppure il suo atteggiamento di inerzia nella ricerca di un lavoro compatibile con le sue attitudini e la sua professionalità o, ancora, il rifiuto da parte sua di occasioni di lavoro. Con l’affermarsi del predetto principio di autoresponsabilità si sono registrate conseguenze rilevanti sul piano dell’onere della prova: secondo l'orientamento (innovativo) è il figlio che deve dimostrare di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente nella ricerca di un lavoro in base alle reali opportunità offerte dal mercato, ridimensionando – se necessario – le proprie aspirazioni, senza attendere una opportunità consona alle proprie aspirazioni.La prova per il figlio sarà più agevole nel momento in cui la sua età è prossima a quella di un recente maggiorenne; di contro, la prova sarà sempre più gravosa man mano che l’età del figlio aumenti.3 - È possibile il pagamento dell’assegno direttamente al figlio maggiorenne?La Cassazione, in modo uniforme, ha precisato che, accanto al diritto del figlio al mantenimento, sussiste un autonomo e concorrente diritto del genitore con lui convivente a percepire il contributo dell’altro genitore alle spese necessarie per tale mantenimento (cfr. Cass. n. 25300/13; ord. n. 24316/13; Cass. 21437/2007; Cass. 4188/2006; 8007/2005).Conseguentemente, il genitore separato o divorziato tenuto al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con l’altro genitore non ha alcuna autonomia nella scelta del soggetto nei cui confronti adempiere l’obbligazione e pertanto non può pretendere di assolvere la propria prestazione nei confronti del figlio anziché del genitore convivente, il quale ha chiesto in sede giudiziale il mantenimento per il figlio. (cfr. Cass. civile, sez. I, ordinanza 09/07/2018 n. 18008).Recentemente, la Cassazione con ordinanza n. 9700/2021 ha precisato che solo il giudice è autorizzato a riconoscere al figlio il pagamento diretto del mantenimento del genitore obbligato, in quanto il mantenimento per i figli risponde a un loro interesse superiore che è sottratto alla disposizione dalle parti.Solo la domanda autonoma del figlio ad ottenere il mantenimento diretto può negare il concorrente diritto del genitore convivente a percepire il relativo assegno, dimostrando così la volontà dell’avente diritto di gestire autonomamente le risorse destinate al suo mantenimento.4 - Allo studente fuori sede spetta un aumento dell’assegno?L’aumento delle esigenze del figlio è notoriamente legato alla sua crescita e allo sviluppo della sua personalità in svariati ambiti, compreso quello della formazione culturale e della vita sociale.Tale aumento non ha bisogno di una specifica dimostrazione, e di per sé legittima la revisione dell’assegno di mantenimento, anche in mancanza di evoluzioni migliorative delle condizioni patrimoniali del genitore tenuto alla contribuzione.E’, dunque, giustificata la maggiorazione dell’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne dedito agli studi universitari in un luogo diverso da quello di residenza.Editor: Avv. Elisa Calviello
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Egregio Avvocato
1 mar. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
La Cassazione, ricalcando la norma codicistica (art. 1126 c.c.), conferma che la spesa di riparazione del lastrico solare grava per 1/3 sul proprietario o utilizzatore esclusivo del lastrico (o del terrazzo a livello) e per i restanti 2/3 sui condomini che si trovano nella proiezione verticale del lastrico o del terrazzo ai quali funge da copertura (sul punto Cass. 10.5.2017 n. 11484).Quindi, i condomini, pur non avendo accesso al lastrico/terrazzo ed eventualmente non essendone neanche proprietari, dovranno partecipare alle spese di manutenzione essendo inoltre responsabili dei danni eventualmente causati dall’omessa manutenzione(ex art 2051 c.c.).In ogni caso, il proprietario/ utilizzatore esclusivo è comunque tenuto a sostenere in prima persona le spese di manutenzione relative a manufatti di cui egli faccia uso esclusivo; resterà inoltre responsabile dei danni causati in conseguenza diretta delle proprie azioni e omissioni.Avv. Ruggiero GorgoglioneWR Milano Avvocatiwww.wrmilanoavvocati.comwravvocati@gmail.com+393397007006
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16 nov. 2021 • tempo di lettura 2 minuti
Il codice civile dedica il Capo VI del Titolo I del Libro sulle obbligazioni in generale a tre particolari istituti, comunemente conosciuti come “ipotesi di assunzione del debito altrui”. Si tratta, nello specifico, di tre ipotesi nelle quali un soggetto, originariamente estraneo al rapporto obbligatorio, si fa carico del debito, promettendo di adempiere in luogo del debitore originario.Volendo descrivere le tre differenti figure, si ha espromissione (art. 1272 c.c.) quando il terzo (cd. espromittente) si obbliga nei confronti del creditore (espromissario) di farsi carico del debito dell’originario debitore (espromesso). In questo caso, dunque, è il terzo che di sua sponte si reca dal creditore al fine di assumersi il debito. Si tratta di accollo (art. 1273 c.c.), invece, quando il terzo (accollante) si obbliga nei confronti del debitore (accollato) ad assumersi il debito di quest’ultimo e adempiere verso il creditore (accollatario). A differenza dell’espromissione, nell’accollo l’accordo intercorre tra il terzo e il debitore originario.Infine, si ha un’ipotesi di delegazione nel caso in cui il debitore (delegante) ordina al soggetto terzo (delegato) di pagare al creditore (delegatario). Anche in questo caso, così come nell’accollo, l’accordo intercorre tra il terzo e il debitore originario, ma la differenza sta nella spontaneità dell’assunzione del debito: si ritiene, infatti, che nell’accollo l’assunzione del debito altrui da parte del terzo avvenga ad esito di un’azione spontanea del terzo stesso, mentre nella delegazione è espressione di un ordine (il cd. iussum delegatorio). Tutte le ipotesi descritte danno luogo ad una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio dal lato passivo: il soggetto originariamente debitore viene sostituito dal terzo che subentra nella sua posizione. Tuttavia, per potersi avere tale modifica è necessario il consenso del creditore. Invero, al contrario di quanto avviene nei casi di modifica soggettiva dal lato attivo (es. cessione del credito), la modifica del soggetto passivo potrebbe comportare dei pregiudizi per il creditore, che dunque deve esprimere il proprio consenso.Per tale motivo, il codice civile dispone che in tutte le fattispecie di assunzione del debito altrui il debitore originario non venga liberato, ma sarà tenuto in solido con il nuovo debitore. Si può avere liberazione del debitore originario solo ove il creditore lo dichiari espressamente, altrimenti potrà essere richiesto l’intero sia all’uno che all’altro soggetto.
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Egregio Avvocato
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