Egregio Avvocato
Pubblicato il 29 mar. 2022 · tempo di lettura 1 minuti
L’assegnazione della casa familiare rappresenta uno dei momenti delicati nella dinamica della crisi familiare.
Il vigente dato normativo viene regolato e sintetizzato dall’art. 337-sexies c.c. La norma, introdotta dalla novella in materia di filiazione riproduce sostanzialmente il contenuto della precedente disposizione in materia di casa familiare e recepisce l’orientamento ormai consolidato secondo il quale l’assegnazione della casa familiare deve essere decisa in funzione del preminente interesse dei figli minori o non autosufficienti alla conservazione dell’ambiente nel quale si è svolta la vita della famiglia unita.
L’orientamento maggioritario in Cassazione prevede che affinché il giudice possa disporre l’assegnazione della casa familiare ad uno dei genitori separati o divorziati è necessario che oltre alla casa vi sia l’affidamento di figli minorenni o la convivenza con figli maggiorenni, incolpevolmente privi di adeguati mezzi autonomi di sostentamento.
La ratio dell’istituto è proprio quella della tutela dei figli e dell’interesse di questi ultimi a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti.
L’atto di assegnazione è di natura eccezionale e attribuisce all’assegnatario un diritto personale di godimento, idoneo a comprimere la posizione giuridica dell’avente diritto a prescindere dal titolo posseduto. In ogni caso l’assegnazione presenta un suo valore economico che deve essere preso in considerazione nella regolazione dei rapporti economici tra i coniugi.
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Egregio Avvocato
1 mar. 2022 • tempo di lettura 3 minuti
In tema di Superbonus ci si interroga sulla legittimità della delibera di rifacimento della facciata qualora si preveda una modifica dell’estetica complessiva dell’edificio (ad esempio modificando i materiali che lo rivestono, i colori o le linee) ovvero la realizzazione di un cappotto termico “ a macchia di leopardo ” (per non violare la proprietà privata, escludendo ad esempio il cappotto in corrispondenza dei condomini dissenzienti). La valutazione della legittimità della delibera di rifacimento delle facciate, parte da principi di ampia portata, applicabili quindi a ogni intervento idoneo ad alterare il decoro architettonico. E’ opportuno partire quindi dal concetto di decoro architettonico, definito in giurisprudenza come l’insieme armonico delle linee architettoniche e delle strutture ornamentali. In punto si richiama il consolidato orientamento della Suprema Corte, la quale con la sentenza n. 1286 del 2010 ha chiarito appunto che, per decoro architettonico, si intende la “estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell’edificio imprimendo allo stesso una sua armoniosa fisionomia” e che ”va valutato, ai sensi dell’art. 1120, 2º comma, c.c., con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità (potendo anche interessare singoli punti del fabbricato purché l’immutazione di essi sia suscettibile di riflettersi sull’intero stabile) e non rispetto all’impatto con l’ambiente circostante” (così anche Cass. civ., sez. II, 29-01-2016, n. 1718).Costantemente quindi la giurisprudenza ritiene meritevole di tutela il decoro architettonico degli edifici condominiali anche ove gli stessi siano caratterizzati da linee semplici. Tale tutela trova il suo fondamento nell’ultimo comma dell’art. 1120 c.c. il quale, nell’individuare le limitazioni alle innovazioni, espressamente vieta quelle che alterino il decoro architettonico dell’edificio.In tema, la Suprema Corte ha affermato che: “Per «decoro architettonico del fabbricato», ai fini della tutela prevista dall’art. 1120 c.c., deve intendersi l’estetica dell’edificio costituita dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico; conseguentemente, non è possibile escludere a priori un’alterazione del decoro architettonico per il solo fatto che la realizzazione di una veranda su di una terrazza a livello interessi un appartamento posto non sulla facciata principale, bensì su quella interna, dell’edificio condominiale” (Cass. civ., sez. II, 29-01-2016, n. 1718).In linea con quanto sopra gli ermellini, con statuizione particolarmente sensibile al problema, ebbero ad affermare che “Costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio” (Cass. civ., sez. II, 11-05-2011, n. 10350). Si ritiene quindi che la delibera che va ad “alterare” il decoro, possa essere adottata solo con il consenso unanime di tutti i condomini, ragion per cui la delibera non unanime sarà annullabile (nel termine di decadenza di 30 giorni) in quanto assunta in mancanza delle maggioranze necessarie (in tal senso Cass. 4806/2005 , Tribunale civile Milano, 30 novembre 2016). Sullo specifico tema del Superbonus si è anche espresso in tempi recenti il Collegio Tribunale di Milano, il quale con provvedimento del 30.9.2021 (nella procedura di reclamo avverso un precedente provvedimento cautelare del 13.8.2021) ha ritenuto che la modifica della facciata per la realizzazione dei lavori del cd. Superbonus possa essere lesiva del decoro. In particolare, il Collegio ha affermato che per la violazione del decoro architettonico sia “sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità (per Cass. 1076/05 e Cass. 14455/09, l’alterazione del decoro è integrata … da qualunque intervento che alteri in modo visibile e significativo la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono all’edificio una propria specifica identità)”, fatta tale doverosa premessa il Collegio ha ritenuto che la realizzazione del Cappotto termico con modifica dei materiali che compongono la facciate e della gamma cromatica della stessa comporti un’alterazione lesiva del decoro. Si ritiene quindi che per la modifica dell’estetica dell’edificio anche in tema di Superbonus sia necessaria la decisione all’unanimità, in difetto la delibera sarà viziata e quindi annullabile. Avv. Ruggiero GorgoglioneWR Milano Avvocatiwww.wrmilanoavvocati.comwravvocati@gmail.com+393397007006
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10 mar. 2022 • tempo di lettura 4 minuti
A differenza della simulazione contrattuale, il matrimonio simulato è un atto voluto, poiché le parti vogliono effettivamente conseguire lo status coniugale sia pure per la realizzazione di fini ad esso estranei.Mentre il contratto simulato è inefficace, il matrimonio simulato, nonostante il patto di non esecuzione dei diritti e degli obblighi da esso discendenti, è soltanto annullabile ed è suscettibile di sanatoria.In una prospettiva di valorizzazione del consenso e di certezza nel far corrispondere la realtà effettiva dei rapporti coniugali e dei relativi status giuridici, l’articolo 123 c.c. consente l’impugnazione del matrimonio (o dell’unione civile tra persone dello stesso sesso) contratto dagli sposi che abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e non esercitare i diritti da esso discendenti.La norma è stata introdotta per far fronte a quei casi in cui il matrimonio avesse svolto una “funzione umanitaria di salvataggio” di persone esposte a persecuzioni; rientrano nell’ambito del matrimonio simulato anche il matrimonio di compiacenza, celebrato per soddisfare un desiderio del genitore in fin di vita; il matrimonio per l’acquisto di punteggi in vista dell’assegnazione di un alloggio e dell’ottenimento di un posto di lavoro; il matrimonio celebrato per assicurare alla donna un’adeguata sistemazione economica. 1. In cosa consiste l’accordo simulatorio?2. Chi ha la legittimazione ad agire e qual è il termine di decadenza?3. Come si prova la simulazione?4. Simulazione, divorzio e separazione1 – In cosa consiste l’accordo simulatorio?Con il matrimonio simulato l’intento degli sposi è quello di creare, attraverso la celebrazione del matrimonio, una situazione apparente in ordine all’attuazione dei diritti e degli obblighi che ne formano il consenso tipico. Il consenso prestato dagli sposi non esprime la reale volontà delle parti ma viene prestato per motivi che esulano dalle finalità proprie del matrimonio.L’accordo simulatorio deve essere precedente alla celebrazione del matrimonio, ovvero gli sposi devono essere preventivamente accordati nel senso di escludere gli effetti propri del matrimonio.Tale accordo simulatorio deve riguardare l’insieme dei diritti e dei doveri propri del rapporto coniugale e non solo singoli obblighi o diritti.Pertanto, la simulazione parziale non produce alcun effetto invalidante sul matrimonio. I motivi che hanno indotto gli sposi alla celebrazione del matrimonio sono del tutto irrilevanti, ma l’irrilevanza di tali motivi posti alla base dell’accordo si arresta di fronte alle ipotesi in cui le nozze costituiscano lo strumento per eludere norme di rilevanza pubblicistica, come quelle in materia di immigrazione o di cittadinanza. 2 - Chi ha la legittimazione ad agire e qual è il termine di decadenza?La legittimazione a far valere la simulazione spetta soltanto ai coniugi, anche se tale soluzione è criticabile in quanto il negozio matrimoniale può essere anche strumentalizzato anche in danno di terzi o in frode alla legge, per cui, secondo una parte minoritaria della dottrina, la legittimazione attiva spetta anche al p.m. e, più in generale, a qualunque interessato.Il secondo comma dell’articolo 123 c.c. al fine di conciliare l’impugnazione per simulazione con l’esigenza della certezza dei rapporti giuridici inerenti agli status stabilisce che l’azione non può essere proposta decorso un anno dalla celebrazione del matrimonio ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi successivamente alla celebrazione medesima. Quanto alla convivenza come coniugi, non è sufficiente la semplice coabitazione sotto lo stesso tetto ma è necessaria quella consuetudine di vita coniugale, stabile e continua nel tempo, esteriormente riconoscibile attraverso corrispondenti fatti specifici e comportamenti dei coniugi, che i coniugi stessi avevano inizialmente escluso con l’accordo simulatorio.Non è prevista una durata minima della convivenza.3 - Come si prova la simulazione?La prova dell’accordo simulatorio può essere fornita con ogni mezzo: diversamente da quanto previsto in materia contrattuale ex art. 1417 c.c., è ammessa la prova testimoniale ma non la confessione e il giuramento, visti i profili di indisponibilità che governano il matrimonio.Eventuali dichiarazioni scritte dovranno essere valutate con particolare attenzione, al fine di impedire facili strumentalizzazioni dell’azione in esame, atte a liberarsi di un matrimonio non più voluto.4 - Simulazione, divorzio e separazioneNel caso in cui l’incosumazione del matrimonio sia stata dai nubendi preordinata prima delle nozze, come avviene qualora il matrimonio sia simulato perché, ad esempio celebrato al solo fine di far acquistare alla moglie la cittadinanza italiana, è possibile ricorrere a due diversi rimedi per far venire meno il vincolo formale: a) dedurre l’invalidità del matrimonio per simulazione, da esprimere nel termine di decadenza di cui all’art. 123 c.c.; b) il divorzio per inconsumazione ex art. 3, n. 2, lett. f), L. 898/1970, che può essere fatto valere anche quando sia già maturato il termine di decadenza previsto per l’azione di simulazione.Nel procedimento di separazione personale, l’esistenza di un accordo simulatorio, con l’intesa dei coniugi di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti discendenti dal matrimonio, può assumere rilevanza, ai fini dell’addebito della separazione sotto il profilo soggettivo, quale ragione del convincimento in buona fede del coniuge di non essere soggetto a detti obblighi.
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24 mag. 2021 • tempo di lettura 4 minuti
I figli minori sono i soggetti più coinvolti e maggiormente esposti agli effetti traumatici della disgregazione del nucleo familiare e, non avendo una autonoma posizione processuale, la tutela dei loro interessi viene affidata all’attività difensiva degli adulti o, ove necessario, alla figura del curatore speciale.Il “diritto all’ascolto del minore” riveste un ruolo primario nei procedimenti che lo riguardano ed, in particolare, in quelli relativi al suo affidamento, in quanto consente di considerare i minori quali “soggetti di diritto” e di dar voce ai loro interessi, ai loro desideri e ai loro bisogni.La giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, è pacifica nel ritenere che l’audizione del minore non costituisca un mezzo di prova – destinato, quindi, a suffragare le allegazioni dell’una o dell’altra parte - bensì uno strumento di tutela del minore stesso.Quando il minore dev’essere ascoltato?Quali sono le modalità d’ascolto del minore?Il giudice è vincolato dal contenuto dell’ascolto del minore?Cosa succede in caso di mancato ascolto del minore?1 – Quando il minore dev’essere ascoltato?L’audizione del minore rappresenta un adempimento obbligatorio in tutti quei procedimenti in cui il giudice deve decidere in ordine a situazioni di diretto interesse del figlio.Il codice civile, con espresso riferimento all’affidamento dei minori, prevede che gli stessi devono essere ascoltati in tutte le questioni e le procedure che li riguardano, quindi, anche quando si discuta del loro affidamento.Le Sezioni Unite hanno precisato che l’audizione dei minori nelle procedure che li riguardano e in ordine al loro affidamento ai genitori è divenuta obbligatoria con l’art. 6 della Convenzione di Strasburgo, per cui ad essa deve sempre procedersi, salvo che possa arrecare danno al minore.Lo scopo dell’ascolto del minore è fare chiarezza sugli interessi, i desideri e i bisogni del bambino, puntando a far emergere gli aspetti positivi della relazione genitori – figli.Secondo un orientamento consolidato l’ascolto del minore è obbligatorio a due condizioni:a) che sia in corso una controversia di carattere genitoriale; b) che il minore abbia capacità di comprensione, individuata con specifiche indagini svolte da ausiliari specializzati (in genere psicologi dell’età evolutiva).Non si procede all’ascolto del minore tutte le volte in cui esso sia ritenuto inopportuno, in ragione dell’età o del grado di maturità del minore o per altre circostanze che risultano essere pregiudizievoli per l’interesse ad un equilibrato sviluppo psicofisico del minore, secondo la specifica motivazione che il giudice di merito dovrà enunciare.2 - Quali sono le modalità d’ascolto del minore?Soggetto dell’ascolto e titolare del relativo diritto è il minore che abbia compiuto 12 anni, o anche minore di tale età, purché capace di “discernimento”, ossia di comprendere ciò che si sta verificando all’interno della famiglia ed operare scelte autonome. La valutazione della capacità di discernimento - che viene presunta nei maggiori di dodici anni - con riferimento ai bambini minori di tale età viene effettuata dal giudice, il quale potrà demandare tale compito ad esperti (psichiatra infantile) quando si tratta di bambini in tenera età.Le modalità dell’ascolto dovranno essere tali da garantire al minore la possibilità di esprimersi liberamente quanto più possibile senza condizionamenti.L’ascolto è condotto dal giudice il quale può anche avvalersi di esperti o ausiliari, dei genitori o dei difensori delle parti, mentre l’eventuale curatore e il p.m. possono assistere all’ascolto solo se espressamente autorizzati.Il giudice, prima di procedere all’ascolto, deve informare il minore della natura del procedimento e degli effetti dell’ascolto, spiegando allo stesso che il diritto di essere ascoltato e di esprimere la propria opinione non determina necessariamente la decisione finale. Dell’ascolto del minore deve essere redatto un verbale o effettuata una registrazione audio – video.I risultati dell’ascolto dovranno, poi, essere soppesati rispetto all’età ed al grado di maturità dimostrata dal minore.3 - Il giudice è vincolato dal contenuto dell’ascolto del minore?Secondo la normativa internazionale, le opinioni del minore devono essere tenute in considerazione dai soggetti deputati a prendere decisioni.Quanto alla valenza istruttoria delle dichiarazioni del minore, è evidente come il giudice non sia in alcun modo vincolato ad esse, dovendo valutare complessivamente le ulteriori risultanze probatorie a sua disposizione.Il giudice, però, dovrà giustificare in maniera puntale la decisione assunta in contrasto con le dichiarazioni del minore, specie nel caso il cui lo stesso sia prossimo alla maggiore età ed abbia una capacità di discernimento pressoché piena. In materia di affidamento il giudice non è vincolato alle indicazioni che il minore ha dato e, qualora intenda disattenderle, dovrà motivare sul perché abbia individuato il genitore affidatario o collocatario in contrasto con la volontà espressa dal minore.4 - Cosa succede in caso di mancato ascolto del minore?L’art 336 bis c.c. ad integrazione e completamento di quanto previsto dall’art 315 bis c.c. rende obbligatorio l’ascolto dei minori in tutti i procedimenti destinati a sfociare in provvedimenti riguardanti la loro sfera affettiva e personale. L’eventuale omissione immotivata dell’ascolto, ovvero la mancata congrua motivazione circa il rifiuto di provvedervi, determina una violazione del contraddittorio cui consegue la nullità del provvedimento adottato, nullità assoluta rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, in quanto vizio insanabile.Il mancato ascolto del minore, nei procedimenti di separazione o di divorzio, integra quindi un’ipotesi di nullità del provvedimento di affidamento dei figli minori.In caso di immotivato ascolto del minore in sede di udienza presidenziale di separazione o divorzio, è possibile proporre reclamo presso la Corte d’Appello competente la quale dichiarerà nulla l’ordinanza presidenziale emessa e sarà necessario espletare nuovamente la fase presidenziale procedendo in prima battuta all’ascolto del minore.Editor: avv. Elisa Calviello
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Egregio Avvocato
7 giu. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
La fase patologica del contratto si realizza nel momento in cui i rapporti tra le parti si sono deteriorati, con il conseguente inadempimento da parte del soggetto debitore della prestazione.La parte creditrice ha diritto di adire l'autorità giudiziaria al fine di ottenere un provvedimento chiamato decreto ingiuntivo, per la cui emissione il nostro ordinamento richiede che il credito che si pretende di ottenere abbia determinati requisiti: deve risultare da prova scritta, deve essere liquido (cioè determinato nel suo ammontare) ed esigibile (cioè deve essere già scaduto, in modo che il creditore possa pretenderne il pagamento).Occorre ricordare, infine, che il decreto ingiuntivo può essere richiesto anche quando la prestazione cui è tenuto il debitore abbia ad oggetto una determinata quantità di cose fungibili, cioè quei beni che possono essere facilmente sostituiti da altri di identica utilità (uno per tutti il denaro), oppure una cosa mobile determinata, cioè ben individuata.Detto questo, sembrerebbe semplice, ma in realtà al creditore non basta attenersi a tutti questi requisitiE', altresì, necessario che non ponga in essere alcuni comportamenti, che potrebbero dilatare enormemente i tempi del recupero del suo credito.Sussiste, infatti, un divieto categorico di frazionamento del credito, consistente in una moltiplicazione ingiustificata delle iniziative giudiziali di recupero credito, con specifico riferimento ai crediti unitari e quelli già scaduti.L'abuso dello strumento processuale porta con sé la conseguenza che il creditore potrebbe essere condannato a pagare le spese processuali, oltre a veder dichiarati inammissibili i procedimenti successivi al primo.
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