Egregio Avvocato
Pubblicato il 9 mag. 2022 · tempo di lettura 4 minuti
Alcuni reati contro l’amministrazione della giustizia, fra cui la falsa testimonianza e il favoreggiamento personale, non sono punibili se il colpevole, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio o reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero.
Come anticipato, l’art. 376 c.p., sotto la rubrica “Ritrattazione”, prevede che non è punibile il colpevole di alcuni reati contro l’Amministrazione della giustizia se il colpevole, nel termine che appresso vedremo, ritratta il falso e manifesta il vero.
I reati che possono essere non punibili sono precisati dallo stesso art. 376 c.p.:
Per andare esente da pena, il colpevole di uno di questi reati deve riconoscere, nell’ambito dello stesso procedimento in cui lo ha commesso, la falsità del proprio operato o delle proprie dichiarazioni e, in piena coscienza e consapevolezza, esteriorizzare di aver reso mendacio e rettificare con il vero. La ritrattazione, in altri termini, deve essere non equivoca, idonea a riconoscere il mendacio e confutarlo nel vero.
Deve trattarsi di un ravvedimento volontario; può però non essere spontaneo, potendo essere determinato dal mero interesse del soggetto attivo di evitare conseguenze sanzionatorie.
Infine, la ritrattazione deve essere completa: non è ammessa in forma parziale.
Nell’ambito del processo penale, la ritrattazione è ammessa non oltre la chiusura del dibattimento, che è il momento immediatamente precedente le conclusioni delle parti.
Nell’ambito del processo civile, invece, la ritrattazione è ammessa fino a che la sentenza civile non è diventata definitiva.
Ma perché il legislatore dovrebbe volere mandare esente da pena chi è colpevole di aver, a vario titolo, sviato il corretto evolversi della giustizia? Il motivo è che si vuole incentivare l’autore della menzogna a dire il vero, consentendo l’accertamento dei fatti: per spingerlo quindi a ritrattare, gli viene assicurato che non sarà punito.
Dietro la non punibilità per l’autore di un reato che ritratta, quindi, c’è un bilanciamento di interessi: da un lato, l’interesse ad accertare la verità in sede processuale; dall’altro lato, l’interesse a punire la falsità. Fra questi due interessi, prevale quello ad accertare la verità: ormai la falsità è stata posta in essere e si vuole evitare che la stessa possa altresì pregiudicare l’esito del processo.
Se questa è la ratio sottesa, la ritrattazione non può che essere qualificata come causa di non punibilità in senso stretto. Questa categoria comprende dei fatti che sono tipici, antigiuridici e colpevoli ma che, per ragioni di opportunità, non vengono puniti. Come abbiamo visto, l’opportunità sta nel ricercare il corretto svolgimento del processo, accettando di non punire una condotta illecita.
Da ultimo deve rilevarsi la natura soggettiva e personale della causa di non punibilità in esame: di conseguenza, è escluso che la ritrattazione possa operare anche nei confronti dell’istigatore, tranne nel caso in cui il soggetto che abbia istigato a commettere le fattispecie delittuose abbia, poi, convinto l’istigato a ritrattare.
Editor: dott.ssa Elena Pullano
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Egregio Avvocato
29 apr. 2021 • tempo di lettura 6 minuti
L’art. 131-bis c.p. prevede che il giudice possa escludere la punibilità di un comportamento qualora l’offesa – in ragione delle modalità della condotta e dell’esiguità del danno o del pericolo –sia particolarmente tenue. Si tratta di un fatto penalmente rilevante (quindi antigiuridico e colpevole), ma che per la sua scarsa rilevanza offensiva rispetto al bene giuridico tutelato dalla norma viene considerato non meritevole di pena. In questo contributo analizziamo i presupposti applicativi dell’istituto, oggi al centro di una specifica proposta abrogativa da parte del Parlamento. Cos’è la particolare tenuità del fatto?Cosa prevede l’art. 131-bis c.p.?Quali sono i risvolti processuali dell’istituto?Le recenti proposte di legge: abrogazione dell’art. 131-bis c.p.?1 - Cos’è la particolare tenuità del fatto?L’art. 131-bis c.p. – introdotto dal legislatore con il d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 – integra una causa obiettiva di esclusione della punibilità, operante nei casi in cui l’offesa venga giudicata in concreto come particolarmente tenue e il comportamento delittuoso risulti non abituale.L’istituto, in particolare, è espressione dei principi di proporzionalità della pena e sussidiarietà del diritto penale, principi quest’ultimi che trovano tutela nella carta costituzionale ai sensi degli artt. 3, 13 e 27, co. 3 cost. La ratio della disciplina, infatti, è quella di non applicare la sanzione penale – e quindi di non impegnare, in una prospettiva di deflazione processuale, i complessi meccanismi della giustizia penale – a quei fatti ritenuti concretamente marginali. A tal proposito è bene sottolineare una significativa distinzione: il fatto particolarmente tenue e quello totalmente inoffensivo operano su due piani diversi. La condotta che non viene punita in ragione dell’art. 131-bis c.p. è antigiuridica e colpevole, ma non viene sottoposta a sanzione per ragioni afferenti alla meritevolezza della pena. In altri termini, l’offesa sussiste, ma è valutata dal giudice come particolarmente tenue. Il fatto totalmente inoffensivo del bene giuridico tutelato dal reato, invece, integra una situazione ben diversa; in tal caso, non venendo in rilievo un’offesa – neppure in forma lieve – dell’interesse protetto dalla norma, non potrebbe dirsi integrato il fatto tipico previsto dall’illecito penale. 2 - Cosa prevede l’art. 131-bis c.p.?L’ambito operativo dell’istituto dipende, in primo luogo, dal massimo edittale di pena detentiva: la particolare tenuità, infatti, opera per quei delitti la cui pena detentiva nel massimo non sia superiore a cinque anni o per i quali sia prevista, da sola o congiunta alla reclusione, la pena pecuniaria (per quest’ultima, differentemente dalla pena detentiva, non sussistono limiti nell’ammontare). Ai fini del calcolo della pena detentiva rilevante per l’applicazione o meno della norma in questione non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle che prevedono una pena di specie diversa dall’ordinaria o che prescrivono un aumento/diminuzione di pena superiore a un terzo. In quest’ultimo caso, ai sensi del quarto comma dell’art. 131-bis c.p. non si terrà conto del giudizio di bilanciamento di cui all’art. 69 c.p.Il secondo presupposto riguarda poi il concreto atteggiarsi del fatto, il cui disvalore offensivo deve risultare particolarmente tenue a seguito dell’accertamento giudiziale condotto sulla base dei parametri normativi dell’art. 133 c.p. e fondato, quindi, su tre indicatori: (i) modalità della condotta; (ii) esiguità del danno o del pericolo; (iii) grado della colpevolezza. Per l’applicazione dell’istituto, inoltre, il comportamento del reo non deve risultare abituale. Il legislatore, in particolare, ha indicato al terzo comma alcune situazioni di abitualità delittuosa, vale a dire: quando l’autore è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza; (ii) quando la persona ha commesso più reati della stessa indole; (iii) quando il reato riguardi condotte plurime, abituali e reiterate.Da ultimo, è bene altresì sottolineare che il secondo comma prevede delle ipotesi preclusive di non tenuità. Si tratta di situazioni che il legislatore ha astrattamente valutato incompatibili con un giudizio di particolare tenuità. Più in dettaglio, l’offesa non può mai essere considerata tenue quando la persona: (i) ha agito per motivi abietti o futili; (ii) ha agito con crudeltà, ha adoperato sevizie o ha profittato di situazioni di minorata difesa della vittima; (iii) ha provocato come conseguenza non voluta della propria condotta la morte o le lesioni gravissime della vittima. Di recente, inoltre, il legislatore ha previsto l’impossibilità di applicare l’art. 131-bis c.p. anche in relazione ai delitti, puniti con una pena detentiva nel massimo superiore a due anni e sei mesi, commessi in occasione di manifestazioni sportive, nonché ai reati di cui agli artt. 336, 337, 341 e 343-bis c.p., se il fatto è commesso contro un ufficiale/agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria. 3 - Quali sono i risvolti processuali dell’istituto?Con riferimento ai profili di interesse processuale, è bene anzitutto sottolineare che la particolare tenuità del fatto può essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento.Già nella fase delle indagini preliminari, infatti, è previsto che il pubblico ministero, ai sensi dell’art. 411 c.p.p., possa richiedere l’archiviazione del procedimento in ragione della particolare tenuità del fatto. In tal caso, differentemente da quanto previsto dall’art. 408, co. 2 c.p.p., la richiesta di archiviazione deve essere notificata non soltanto alla persona offesa – legittimata quest’ultima a proporre opposizione nel termine di dieci giorni – ma altresì alla persona sottoposta alle indagini. Sarà poi onere del giudice per le indagini preliminari valutare se accogliere o meno la richiesta formulata dall’organo inquirente. Sebbene non espressamente menzionata tra le ipotesi conclusive del giudizio, la causa di non punibilità in questione può essere altresì rilevata, all’esito dell’udienza preliminare, nella sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice a norma dell’art. 425 c.p.p. Ugualmente, la non punibilità per particolare tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza prima dell’apertura del dibattimento: l’art. 469, co. 1-bis c.p.p., infatti, prevede l’ipotesi del proscioglimento predibattimentale per particolare tenuità del fatto. La non punibilità, inoltre, può essere dichiarata all’esito del giudizio di primo grado e, come sostenuto dalla giurisprudenza maggioritaria, anche in appello e in sede di legittimità.Quanto all’efficacia extrapenale della sentenza irrevocabile, pronunciata a seguito del dibattimento per motivi di particolare tenuità del fatto, l’art. 651-bis c.p.p. prevede che il provvedimento definitivo abbia efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo di danno in merito all’accertamento della sussistenza del fatto e della sua rilevanza penale, nonché in relazione all’affermazione che l’imputato lo ha commesso. Sebbene si tratti di una sentenza di proscioglimento, infatti, il comportamento è pur sempre antigiuridico e colpevole. Deve infine sottolinearsi che le sentenze definitive di proscioglimento, pronunciate per particolare tenuità del fatto a seguito del dibattimento, devono essere iscritte nel casellario giudiziale. Allo stesso modo devono essere iscritti i provvedimenti di archiviazione pronunciati per la medesima ragione; tuttavia non se ne deve fare menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell’interessato, del datore di lavoro o della pubblica amministrazione.4 - Le recenti proposte di legge: abrogazione dell’art. 131-bis c.p.?Nonostante l’importante funzione deflattiva svolta dall’istituto qui analizzato – funzione quest’ultima di significativa importanza specialmente nel ‘sistema giustizia’ italiano, cronicamente pervaso da intasamenti e ritardi processuali – il legislatore sta mostrando negli ultimi tempi un’ingiustificata diffidenza nei riguardi della disciplina della particolare tenuità. Con atto n. 2024, infatti, il 25 luglio 2019 è stata presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge finalizzata ad abrogare interamente l’art. 131-bis c.p. La proposta di legge – che si ritiene non possa essere salutata con favore – si fonda sul recupero di una visione ‘giustizialista’ del processo penale: nel documento parlamentare, infatti, si legge che «non punire un soggetto che abbia commesso un reato sussistente e accertato in tutti i suoi elementi andrebbe a vanificare gli effetti della giustizia penale e a scardinare il sistema penale facendo venire meno sia la funzione di intimidazione, sia quella di retribuzione e punitiva e perfino quella di rieducazione. Per di più, la disciplina de qua potrebbe essere addirittura interpretata come una vera e propria concessione a delinquere ‘tenuamente’». La proposta abrogativa è attualmente all’esame delle commissioni parlamentari competenti.Editor: avv. Davide Attanasio
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28 lug. 2023 • tempo di lettura 3 minuti
In Italia, il reato di revenge porn è disciplinato dall'articolo 612-bis del Codice Penale, che prevede la seguente incriminazione:"Chiunque diffonde, con qualsiasi mezzo, immagini o sequenze audiovisive idonee a ledere l'onore o la reputazione della persona rappresentata, ovvero a violare la privacy della stessa, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000.Se il fatto è commesso nei confronti di persona offesa dal reato di violenza sessuale di cui agli articoli 609-bis, 609-ter o 609-quater, la pena è della reclusione da uno a sei anni.Salve le ipotesi di cui all'articolo 617, primo comma, la stessa pena si applica a chiunque detiene, acquista o si procura immagini o sequenze audiovisive di cui al primo comma."In sostanza, il reato di revenge porn consiste nella diffusione, con qualsiasi mezzo, di immagini o sequenze audiovisive idonee a ledere l'onore o la reputazione della persona rappresentata, ovvero a violare la sua privacy. La pena prevista per questo reato va dalla reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000. La pena può essere aumentata se il fatto è commesso nei confronti di una persona già offesa dal reato di violenza sessuale. Inoltre, è prevista la stessa pena per chiunque detiene, acquista o si procura immagini o sequenze audiovisive di revenge porn.Il revenge porn è una forma di violenza sessuale digitale che consiste nella diffusione di immagini o video intimi di una persona senza il suo consenso. Spesso, le immagini o i video sono stati originariamente scattati o registrati durante una relazione intima consensuale, ma vengono divulgati dopo la fine della relazione o in seguito ad una vendetta o un ricatto.Il revenge porn si manifesta attraverso la pubblicazione di immagini o video intimi su internet, sui social network, sui siti di condivisione di file o tramite messaggi privati. La vittima può essere individuata attraverso il nome completo, l'indirizzo, il luogo di lavoro o altre informazioni personali.Per difendersi dal revenge porn, è importante adottare alcune misure preventive, come non condividere immagini o video intimi con altre persone e proteggere la propria privacy sui social network e sui siti di incontri. In caso di divulgazione di immagini o video intimi, la vittima deve raccogliere prove della diffusione, come screenshot, e rivolgersi alle autorità competenti per segnalare l'accaduto e denunciare il reato.Le soluzioni per affrontare il revenge porn possono variare a seconda del caso specifico. In alcuni casi, la vittima può ottenere la rimozione delle immagini o dei video dalla piattaforma su cui sono stati pubblicati. In altri casi, può essere necessario ricorrere alla via legale per ottenere giustizia e risarcimento.In Italia, il revenge porn è considerato un reato e viene punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e una multa da 1.000 a 10.000 euro. Inoltre, il responsabile è tenuto al risarcimento dei danni causati alla vittima. La legge prevede anche la possibilità di ricorrere alla procedura del "diritto all'oblio", che consente di chiedere la rimozione delle informazioni personali diffuse in modo illecito su internet.
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23 nov. 2021 • tempo di lettura 1 minuti
Il permesso di costruire è il provvedimento legittimante le trasformazioni urbanistiche ed edilizie.L’art. 10 T.U. 380/2001, individua quelli che sono gli interventi da sottoporre al previo rilascio del permesso di costruire e li specifica tramite la classificazione presente nella disposizione.In particolare: Gli interventi di nuova costruzione, interventi di ristrutturazione urbanistica e gli interventi di ristrutturazione edilizia.In merito all’ultimo intervento, l’intervento deve essere diretto ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso rispetto al precedente e che comporti una modifica rispetto alla volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che limitatamente agli immobili in zone A, comporti mutamenti della destinazione di uso o modifiche della sagoma di immobili sottoposti a vincoli paesaggistici.Anche se, la classificazione non è un elenco chiuso! Infatti, le regioni possono prevedere ulteriori interventi da sottoporre allo strumento del permesso di costruire, se gli stessi prevedono particolari incidenze sul territorio e sul carico urbanistico.La procedura per il rilascio del permesso di costruire è prevista dall’art. 20 T.U. 380/2001.Ulteriormente è previsto anche lo Sportello unico per l’edilizia, cui è affidato il compito di acquisire dalle varie amministrazioni competenti tutti gli assensi necessari per la realizzazione di ogni intervento edilizio.Domanda che deve essere presentata dal proprietario o da chi abbia il titolo per richiederlo. A seguito della nomina del responsabile del procedimento, entro 60 giorni quest’ultimo cura l’istruttoria e formula una proposta di provvedimento. Entro 30 giorni dalla formulazione della proposta del responsabile del procedimento, il dirigente o il responsabile dell’ufficio deve adottare il provvedimento finale che è successivamente notificato all’interessato.Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove non sia intervenuto un motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si forma il silenzio assenso, fatti salvi i casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.
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Egregio Avvocato
25 ott. 2021 • tempo di lettura 4 minuti
Viaggiare su un mezzo pubblico sprovvisti di biglietto integra un illecito amministrativo, passibile di una comune contravvenzione. Ciò vale per qualsiasi mezzo pubblico, sia che si tratti di treno, di autobus o di metropolitana. Ma cosa succede nel caso in cui il viaggiatore non solo sia sprovvisto di biglietto, ma anche di documenti, e alla richiesta del controllore di fornire le proprie generalità risponda con dei dati non corrispondenti al vero?Il fatto: viaggiare senza biglietto ed essere interrogato dal controlloreIl reato: art. 495 c.p., false dichiarazioni a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altriLa casistica: i provvedimenti adottati in Romagna1 - Il fatto: viaggiare senza biglietto ed essere interrogato dal controllorePer utilizzare i mezzi pubblici di una città, che siano autobus, metropolitane, treni o altro, è pacifico che bisogna pagare un biglietto. Tutti i consociati in questo modo partecipano attivamente al benessere comune: si paga un servizio per ottenere il massimo da quello stesso servizio. Ne consegue che utilizzare i mezzi pubblici senza pagare il biglietto, oltre ad essere una condotta immorale, è anche una condotta passibile di sanzione: la condotta del viaggiatore senza biglietto integra un illecito amministrativo che viene punito con una comune contravvenzione. Nel momento in cui il controllore trova un passeggero senza biglietto è tenuto ad interrogarlo al fine di conoscere le sue generalità, così da compilare il verbale della multa. È possibile però che il viaggiatore non abbia con sé i documenti, non essendo tenuto a portarli con sé, e che dunque il controllore si debba fidare di quanto dichiarato dal viaggiatore stesso. Il controllore, infatti, non ha il potere di perquisire il privato per controllare se davvero è sprovvisto di documenti o meno, ma deve limitarsi ad interrogare il soggetto senza biglietto e compilare il modulo della multa con le generalità che gli vengono fornite.Nel caso in cui le generalità fornite siano false, viene integrato il reato di false attestazioni a pubblico ufficiale, punito dall’art. 495 c.p. Prima di vedere cosa comporta la commissione di questo reato, bisogna sottolineare che per parlare di falsa dichiarazione è necessario che questa segua un’interrogazione da parte del pubblico ufficiale: il mero silenzio e le dichiarazioni spontanee non costituiscono reato. Si può parlare di interrogazione soltanto se avviene in forma scritta tramite compilazione di moduli dell’ufficio a cui appartiene il pubblico ufficiale (si pensi, appunto, ad una contravvenzione sul treno).2 - Il reato: art. 495 c.p., false dichiarazioni a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altriL’articolo in esame stabilisce che «Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni».Non importa qual è il dato connotato da falsità: il reato viene commesso sia che si tratti del nome e cognome, sia che si tratti dell’indirizzo, o comunque di qualsiasi altro dato personale che viene richiesto dal controllore. Basta un solo dato sbagliato per fare scattare il reato.Fondamentale per l’integrazione del reato in esame è la qualifica di pubblico ufficiale che viene rivestita dal controllore del mezzo. Invero, il reato di false dichiarazioni punito dall’art. 495 c.p. può essere integrato solo se le false generalità vengono fornite ad un soggetto che riveste una funzione pubblica; se le generalità false vengono fornite ad un soggetto privato, tale condotta non ha alcuna rilevanza penale.Più volte la Corte di Cassazione è intervenuta in merito, specificando che la figura del funzionario accertatore delle aziende di trasporto deve essere qualificata in termini di pubblico ufficiale. Questi, infatti, sono tenuti a provvedere alla constatazione dei fatti e alle relative verbalizzazioni nell’ambito delle attività di prevenzione e di accertamento delle infrazioni relative ai trasporti. L’azienda che si occupa di trasporti svolge una pubblica funzione, e il controllore non svolge le mansioni solo esecutive di un qualsiasi dipendente, ma, avendo l’incarico di accertare le infrazioni, svolge un’attività intellettiva.3 - La casistica: i provvedimenti adottati in RomagnaDegno di nota è quanto avvenuto in Romagna. A fronte di un esame delle multe che sono state fatte dai controllori che lavorano per conto di Start – gestore del trasporto pubblico urbano ed extraurbano in Romagna – è stata rilevata una particolarità: su 45.000 verbali compilati in un anno, circa un terzo è da riferire a persone che non solo erano salite a bordo senza ticket, ma che avevano pure fornito nomi e cognomi che non corrispondevano alla loro identità. Peraltro, spesso le generalità false sono quelle di altre persone in carne ed ossa, incolpevoli vittime dell’altrui inciviltà. Start Romagna è corsa dunque ai ripari ed è stato deciso che nelle tre province di Rimini, Forlì e Cesena saranno scattate fotografie al viso delle persone che, al momento della compilazione del verbale, affermeranno di non avere con sé un valido documento di riconoscimento. Il controllore scatterà le foto con uno smartphone, le immagini saranno collegate al verbale e in caso di disconoscimento del documento saranno utilizzate nell’iter di riscossione e a tutela della persona eventualmente e ingiustamente coinvolta, ovvero quella le cui generalità sono state fornite in sostituzione di quelle del trasgressore. Questa procedura è già in uso in altre città e Regioni in cui è stata accertata una forte tendenza da parte dei trasgressori delle regole di viaggio a fornire nomi e cognomi falsi o di altre e incolpevoli persone fisiche.Editor: dott.ssa Claudia Cunsolo
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