Affidamento esclusivo del minore: condizioni per la pronuncia

Avv. Prof.  Domenico  Lamanna Di Salvo

Avv. Prof. Domenico Lamanna Di Salvo

Pubblicato il 22 ott. 2024 · tempo di lettura 2 minuti

L’affidamento condiviso, che presuppone la capacità per i genitori di instaurare un’ottimale e prolungata sintonia sulle scelte educative per i figli, costituisce oggi il regime ordinario di affidamento, alla luce del principio di bigenitorialità.

L’affidamento esclusivo costituisce, invece, una soluzione eccezionale, consentita solo qualora  uno dei genitori dimostri una condizione di manifesta carenza, o un'inidoneità educativa ovvero un comportamento tale da rendere l’affidamento condiviso contrario all’interesse esclusivo del minore. La legge non indica quali siano i casi che comportano la revoca dell’affidamento condiviso, pertanto la decisione è rimessa alla valutazione del Giudice, eseguita caso per caso con provvedimento motivato.

In via generale, l’interesse del minore puo' essere pregiudicato da un affidamento condiviso nel caso in cui un genitore sia indifferente nei confronti del figlio o non contribuisca al suo mantenimento, proponga scelte di vita non rispettose delle esigenze e delle aspirazioni del figlio, si trovi in condizioni di grave impedimento fisico o psichico o di obiettiva lontananza. Secondo il Tribunale di Napoli (sent. 3934/2017), che richiama un costante orientamento dei giudici di legittimità (cfr. ex multis, Cass. n. 16593/2008 e n. 24526/2010), l'eventuale pronuncia di affidamento esclusivo deve essere sorretta da una motivazione non solo più in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell'altro genitore

Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del Giudice, ha l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi. Tuttavia le decisioni di maggiore interesse per i figli devono essere adottate da entrambi i genitori.

Vediamo adesso alcune decisioni sull'affidamento esclusivo. 

  • Per il Tribunale di Roma (sent. n. 11735/2017) chi si disinteressa economicamente ed emotivamente dei figli rischia di vedersi togliere l'affidamento dei minori;
  • Il Tribunale di Torino (20 gennaio 2023, n. 205) ha disposto l'affido esclusivo, in quanto il padre aveva trascurato la relazione con la figlia, rendendosi poi irreperibile e mancando al dovuto mantenimento della stessa.
  • Nell'ordinanza n. 16738/2018, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo l'affido esclusivo della figlia minore alla madre in attesa che il padre, inaffidabile e disinteressato, recuperasse la funzione genitoriale.
  • Sempre gli Ermellini avevano concluso in maniera simile nell'ordinanza 19836/2014, disponendo l'affido esclusivo al padre, in quanto la madre si era completamente disinteressata della bambina, trasferendosi altrove. 
  • La Cassazione con l'ordinanza del 19 Settembre 2022 n. 27348, ha ribadito la legittimità dell'affido esclusivo alla madre se il padre si rifiuta di comunicare con lei e non risponde alle sue mail e ai messaggi whatsapp.

Questi esempi ci fanno comprendere come il tema si offra a speculazioni eterogenee e complesse, che, sicuramente, non preferiscono uno o l'altro dei genitori, ma che, invece, hanno come obiettivo il benessere psico - fisico del minore.


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L’adozione dei minori

21 feb. 2022 tempo di lettura 6 minuti

L’adozione dei minori è uno strumento che ha lo scopo primario di procurare una famiglia ai minori che ne siano privi o che non ne abbiano una idonea.La materia è disciplinata dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, denominata “Diritto del minore ad avere una famiglia”.In questo contributo esamineremo la c.d. “adozione legittimante”, la quale fa venire meno ogni legame tra la famiglia di origine ed il minore, che acquista lo stato di figlio nato nel matrimonio dei genitori adottivi. Premessa: la priorità del diritto del minore di crescere nella propria famigliaLa dichiarazione dello stato di adottabilità del minoreRequisiti degli adottantiIndicazioni “operative” per la coppia che intende adottare1 - Premessa: la priorità del diritto del minore di crescere nella propria famigliaSecondo il combinato disposto degli artt. 1 e 5 della l. 184/1983, “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”, senza distinzioni di sesso, etnia, età, lingua o religione e “nel rispetto della [sua] identità culturale”. Da queste norme si ricava che il diritto del minore di crescere nella propria famiglia è prioritario e che l’adozione è un rimedio eccezionale a situazioni di emergenza: si tratta di uno strumento per sottrarre il minore ad una situazione grave e patologica, tramite la sostituzione della famiglia d’origine con una nuova famiglia.La legge, pertanto, individua, da un lato, i presupposti in presenza dei quali il minore viene dichiarato “adottabile” e, dall’altro lato, i meccanismi selettivi tramite i quali selezionare le famiglie idonee all’adozione.2 - La dichiarazione dello stato di adottabilità del minoreIn primo luogo, affinché possa aver luogo l’adozione, è necessario che il tribunale per i minorenni dichiari il minore “in stato di adottabilità”. Questa dichiarazione è ammessa nei confronti dei minori che si trovino “in situazioni di abbandono”. L’art. 8 l. 184/1983 precisa che questa situazione ricorre quando il minore sia “privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi”. È importante precisare che non dà luogo a situazione di abbandono la condizione di indigenza della famiglia: la legge prevede, infatti, che lo Stato e gli enti locali sostengano i nuclei familiari a rischio proprio al fine di prevenire situazioni di abbandono dei minori. Una volta ricevuta la segnalazione dello stato di abbandono in cui si trovi un minore, il tribunale per i minorenni deve assicurare ai genitori il diritto di difesa e compiere gli opportuni accertamenti. Più in particolare, la dichiarazione di adottabilità viene pronunciata, con sentenza, solo se:i genitori e i parenti, pur convocati dal tribunale, non si sono presentati senza addurre un giustificato motivo;i genitori e i parenti si sono presentati innanzi il tribunale ma la loro audizione ha confermato il persistere della situazione di abbandono;i genitori non hanno adempiuto alle prescrizioni eventualmente impartite loro nel corso del procedimento ovvero è provata l’irrecuperabilità delle capacità genitoriali dei genitori in un tempo ragionevole.Con la pronuncia dello stato di adottabilità, viene sospesa la responsabilità genitoriale dei genitori e il giudice nomina un tutore al minore.A questo punto, il minore viene collocato in affidamento preadottivo presso la coppia ritenuta idonea (che deve avere i requisiti che a breve indicheremo). Se il minore ha già compiuto 14 anni, è necessario anche che egli presti il consenso alla coppia prescelta. Se, invece, il minore ha compiuto gli anni 12 anni o sia abbastanza maturo da avere una autonoma capacità di discernimento, la sua audizione è solo facoltativa.Con l’affidamento preadottivo si instaura una sorta di adozione provvisoria, che deve durare almeno un anno. In caso di esito favorevole della prova, il tribunale pronuncia la sentenza di adozione: per effetto della sentenza, il minore acquista lo status di figlio nato nel matrimonio degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome. 3 - Requisiti degli adottantiI soggetti interessati all’adozione devono avere due requisiti fondamentali.Devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni (o aver stabilmente e continuativamente convissuto, prima del matrimonio, per almeno tre anni), non separati nonché idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare. Ne consegue che, in Italia, non è ammessa l’adozione da parte di una persona sola né da parte di  coppie di conviventi more uxorio. L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto anni l’età dell’adottato ma non deve superarla di più di quarantacinque anni. Questa regola subisce delle deroghe:Le deroghe alla differenza di età sono ammesse:quando il tribunale accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore;quando il limite dei 45 anni sia superato da uno solo dei coniugi nella misura non superiore a 10 anni;quando gli adottanti siano genitori di figli nati fuori dal matrimonio o adottivi dei quali almeno uno sia minorenne;quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi coniugi adottato. 4 - Indicazioni “operative” per la coppia che intende adottareLa coppia di coniugi che intenda adottare un minore deve presentare una domanda presso il tribunale per i minorenni, la cui cancelleria generalmente fornisce i moduli necessari allo scopo. La coppia può inoltrare più domande, anche successive, a più tribunali per i minorenni, purché ne dia comunicazione a tutti i tribunali.La domanda di adozione si sostanzia in una dichiarazione di disponibilità ad adottare un bambino dichiarato adottabile dal tribunale, specificando se vi è la disponibilità ad adottare più fratelli o minori portatori di handicap. Alla domanda devono essere allegati alcuni documenti tra i quali, ad esempio, il certificato di nascita dei richiedenti, lo stato di famiglia, il certificato del medico di medicina generale che attesti la buona salute di entrambi i coniugi, la dichiarazione che attesti lo stato di non separazione dei coniugi.La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione ma può essere rinnovata.Una volta ricevuta la domanda della coppia, il tribunale per i minorenni svolge delle indagini – da concludersi entro 120 giorni ma prorogabili sino ad altri 120 giorni – con l’aiuto dei servizi socio assistenziali per verificare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge (quindi i requisiti di età, di stabilità del rapporto tra i coniugi, la capacità di educare il minore) nonché la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare dei richiedenti, i loro motivi.Sulla base delle indagini effettuate, il tribunale sceglie, tra le coppie che hanno presentato domanda, quella maggiormente idonea a provvedere alle esigenze del minore.A questo punto, dopo aver disposto l’audizione del pubblico ministero, dei genitori dei richiedenti, del minore che ha compiuto i 12 anni e anche del minore di età, in considerazione della sua capacità di discernimento, il tribunale per i minorenni dispone l’affidamento preadottivo alla coppia prescelta.Il tribunale continua a vigilare sull’affidamento preadottivo, anche avvalendosi del giudice tutelare e dei servizi locali sociali e consultoriali nonchè adottando i provvedimenti che si rendano necessari in caso di difficoltà nel rapporto di convivenza tra gli affidatari ed il minore.Segnaliamo che, a seconda del tribunale presso il quale si presenta la domanda, i documenti che la corredano possono variare: sarà dunque opportuno che si acquisiscano informazioni prima di inoltrarla.Editor: dott.ssa Elena Pullano

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Egregio Avvocato

I diritti del concepito

7 feb. 2022 tempo di lettura 5 minuti

Le persone fisiche acquistano, al momento della nascita, la capacità giuridica, cioè la capacità di essere titolari di quasi tutte le situazioni giuridiche soggettive connesse alla tutela dei propri interessi. Tuttavia, la legge attribuisce alcuni diritti anche al soggetto che, già concepito, non sia ancora nato. Vediamo, quindi, quale è la posizione del concepito nell’ordinamento italiano. Premessa: la nozione di “nascita”I diritti del concepito 2.1 … nel codice civile 2.2 … nella normativa complementare 2.3 … nella giurisprudenza1. Premessa: la nozione di “nascita”La legge italiana non dà la definizione di “nascita”. A questo scopo, quindi, occorre fare riferimento alla scienza medico-legale.Più in particolare, si ha la nascita con l’acquisizione della piena indipendenza dal corpo materno che si realizza con l’inizio della respirazione polmonare; le funzioni circolatoria e nervosa sono, invece, preesistenti. Di conseguenza, nel dubbio se la morte sia sopravvenuta dopo la nascita, sarà necessario accertare se i polmoni hanno respirato o meno.Come abbiamo anticipato, la nascita è condizione necessaria e, di regola, sufficiente per l’acquisto della capacità giuridica, cioè per l’acquisto della qualità di soggetto del diritto.A questo scopo, è sufficiente la circostanza della nascita, non essendo invece necessaria anche la vitalità, cioè l’idoneità fisica alla sopravvivenza. Ne consegue che se il neonato muore subito dopo la nascita, ha comunque acquisito, seppure per pochi istanti, la capacità giuridica, con quel che ne consegue ad esempio in temi di diritti successori. Da ultimo occorre ricordare che, secondo quanto previsto dal D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, uno dei genitori deve, entro dieci giorni, dichiarare l’evento della nascita all’ufficiale dello stato civile affinché venga formato l’atto di nascita. Oltre al genitore, sono legittimati a rilasciare la dichiarazione di nascita anche i procuratori speciali e coloro che abbiano assistito al parto (come il medico o l’ostetrico). Peraltro, se la nascita avviene in un ospedale o in una casa di cura, la dichiarazione può essere resa entro tre giorni direttamente presso la relativa direzione sanitaria, che la trasmetterà all’ufficiale dello stato civile.2. I diritti del concepitoCome abbiamo anticipato, l’ordinamento italiano riconosce una serie di diritti in favore del concepito.C’è, tuttavia, un limiti: ai sensi dell’art. 1 co. 2 c.c., “i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita”. In altri termini, potranno essere fatti valere solo se e quando avvenga la nascita; altrimenti dovranno considerarsi come mai entrati nella sua sfera giuridica del concepito.2.1 … nel codice civileIl codice civile attribuisce al concepito:a) la capacità di succedere per causa di morte, ai sensi dell’art. 462 co. 1 c.c.. Più in particolare, “Sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell'apertura della successione”. A questo proposito, salvo che sia diversamente provato, si presume concepito al tempo dell'apertura della successione chi è nato entro trecento giorni dalla morte della persona della cui successione si tratta. Ad esempio, se il padre muore dopo il concepimento, ma prima della nascita del figlio, l’eredità si devolve anche a favore di quest’ultimo, seppure non ancora nato all’epoca dell’apertura della successione.L’art. 462 co. 3 c.c., inoltre, prevede che possano ricevere per testamento anche i figli di una persona vivente al tempo della morte del testatore, anche se non ancora concepiti. b) la capacità di ricevere per donazione, ai sensi dell’art. 784 co. 1 c.c.. In modo speculare a quanto previsto in materia di successioni, la donazione può essere fatta anche a favore di chi è soltanto concepito o a favore dei figli di una determinata persona vivente al tempo della donazione, seppur non ancora concepiti. 2.2 … nella normativa complementareAl di fuori del codice civile, sono dedicate al concepito: a) Norme in materia di procreazione medicalmente assistita (legge 19 febbraio 2004, n. 40). L’art. 1, co. 1 assicura espressamente tutela ai diritti del concepito nell’ambito della procreazione medicalmente assistita, in quanto soggetto coinvolto nella procedura.b) Norme in materia di tutela sociale della maternità e di interruzione volontaria della gravidanza (legge 22 maggio 1978, n. 194). Secondo l’art. 1 co. 1, lo Stato deve tutelare la vita umana “dal suo inizio”, quindi fin dal momento del concepimento. c) Norme in materia di istituzione dei consultori familiari (legge 29 luglio 1975, 405 ). Infatti, tra gli scopi dei consultori familiari, viene espressamente nominato quello della “tutela della salute (…) del prodotto del concepimento”.2.3 … nella giurisprudenzaLa giurisprudenza ha, in più occasioni, riconosciuto in capo al concepito il diritto di ottenere il risarcimento del danno conseguente a condotte poste in essere, in suo pregiudizio, quando ancora non era nato. a) danno alla salute ed all’integrità fisica eventualmente cagionato al nascituro prima o durante il parte. Ad esempio, nella sentenza n. 11750 del 15 maggio 2018, la Corte di Cassazione ha riconosciuto ai genitori il diritto di chiedere, in nome e per conto del figlio minore, il risarcimento del danno per menomazioni derivanti dal parto, tali da causare al giovane una presuntiva diminuzione della capacità lavorativa e produttiva. b) danno sofferto a seguito dell’uccisione del padre ad opera di un terzo, quando ancora la gestazione era in corso. Nella sentenza n. 5509 del 10 marzo 2014, per esempio, la Cassazione ha  riconosciuto, in capo al figlio, il risarcimento del danno patito per la morte del padre, dovuta ad un incidente stradale verificatosi per imperizia del guidatore. In questa sentenza, la Suprema Corte ha riconosciuto che la relazione con il padre naturale crea un rapporto affettivo ed educativo che la legge protegge, in quanto contribuisce ad una più equilibrata formazione della personalità del minore. Pertanto, “il figlio cui sia impedito di svilupparsi in questo rapporto, può subire un pregiudizio che costituisce un danno ingiusto, indipendentemente dalla circostanza che sia già nato al momento della morte del padre o che, essendo solo concepito, sia nato successivamente”.Editor: dott.ssa Elena Pullano

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Egregio Avvocato

Il contratto di intermediazione finanziaria e il caso della nullità selettiva

18 nov. 2021 tempo di lettura 9 minuti

Il contratto di intermediazione finanziaria è quel contratto che permette di investire il proprio denaro per mezzo di strumenti finanziari, avvalendosi degli esperti di una banca o di una società di intermediazione. Una banca o un intermediario finanziario, infatti, deve obbligatoriamente proporre un contratto al proprio cliente così da iniziare a proporre soluzioni di investimento. È evidente, dunque, che si tratta di un contratto diffuso in particolare tra i soggetti investitori, ma che al contempo è stato oggetto di diverse pronunce giurisprudenziali date le sue peculiarità.Natura giuridica e disciplina del contratto di intermediazione finanziaria Tutela del soggetto debole, il cd. outsiderIl contratto monofirmaIl problema della nullità selettiva1 - Natura giuridica e disciplina del contratto di intermediazione finanziariaIl contratto di intermediazione finanziaria è il contratto intercorrente tra intermediario e cliente, finalizzato ad effettuare investimenti nel mercato finanziario. È anche definito come “contratto-quadro”, proprio perché è quello che consente di concludere altri contratti di investimento specifici, sottoposti al primo.Tale peculiare struttura ha posto un primo problema riguardante proprio la natura giuridica da riconoscere al contratto in esame. Secondo una prima ricostruzione si tratta di un contratto cornice, cioè un contratto normativo volto a disciplinare i successivi contratti di investimento. Il contratto quadro, infatti, regola preventivamente il contenuto e le condizioni alle quali saranno effettuati i successivi singoli investimenti, che a loro volta saranno altri negozi giuridici, altri contratti.Tale ricostruzione consente di valorizzare l’autonomia decisionale del cliente: i singoli investimenti, avendo natura contrattuale, rientrano nella categoria dei negozi giuridici; categoria che valorizza le scelte autonome delle parti.Secondo una tesi minoritaria, invece, il contratto quadro è assimilabile al mandato; mentre i singoli ordini di investimento sarebbero atti di esecuzione del mandato, e non contratti. Si perde, dunque, il valore dell’autonomia decisionale dei clienti.Sembra prevalente la prima ricostruzione, tanto che la giurisprudenza ammette la risoluzione dei singoli ordini di investimento, e aggiunge anche che la risoluzione del singolo contratto di investimento non si estende agli altri. La disciplina del contratto quadro si trova nel TUF (d. lgs. n. 58/98), e questa richiede la forma scritta solo per il contratto quadro; non è richiesta per i singoli contratti di investimento in quanto sarebbe incompatibile con l’esigenza di speditezza dei traffici.Dalla normativa secondaria, in particolare dal regolamento della Consob, si desumono poi una serie di obblighi informativi in capo all’intermediario nei confronti del cliente: anche questo confermerebbe la natura negoziale dei singoli ordini di investimento. Inoltre, si dice anche che il contratto quadro è un contratto indeterminato e non fa riferimento ai singoli specifici strumenti finanziari. Anche per questo motivo si preferisce ricostruire la natura degli ordini finanziari in termini negoziali.Il collegamento negoziale si ritiene sussista solo tra il contratto quadro (a monte) e il singolo contratto di investimento (a valle), non invece anche tra i singoli contratti di investimento – l’uno è autonomo dall’altro. Si aggiunge che gli ordini di investimento, costituendo dei singoli contratti, possono essere inquadrati all’interno del contratto di vendita o in altri casi di mandato. In ogni caso, risolto un singolo contratto a valle di investimento, la risoluzione di questo non si estende agli altri.2 - Tutela del soggetto debole, il cd. outsiderNel caso di contratto di intermediazione finanziaria si ha da un lato l’investitore e dall’altro lato il cliente (es. assicurazione e assicurato; banca e cliente). Il soggetto debole è detto outsider, compie quell’atto per uno scopo che può anche essere professionale ma è estraneo alla specifica professione svolta. È un soggetto diverso dal cd consumatore; ma in ogni caso si ritiene che permanga la distinzione tra cd. secondo e terzo contratto. Nel caso del contratto di intermediazione finanziaria, ove quindi si ha un soggetto debole cd. outsider (e non il consumatore) si rientra comunque nel secondo contratto. Alcune garanzie del consumatore vengono estese anche al cliente outsider, perché in entrambi i casi vi è un problema di asimmetria informativa. Invece nel terzo contratto (tra impresa debole e impresa forte) non vi è asimmetria informativa, ma invece una asimmetria economica: l’impresa debole è informata, ma conclude il contratto perché non ha alternative soddisfacenti nel mercato.Tra le garanzie che sono riconosciute anche al cliente outsider di sicuro vi è la cd. nullità di protezione, cioè la nullità a legittimità relativa. Solo il soggetto debole, in questo caso il cliente, può farla valere. Persino quando si tratta di rilevazione d’ufficio, il giudice può solo limitarsi a rilevarla ma non  può dichiararla: deve informare le parti della possibile nullità, e il consumatore può opporsi a che venga dichiarata.3 - Il contratto monofirmaL’art. 23 TUF prescrive che il contratto di intermediazione finanziaria rivesta forma scritta e prevede anche che una copia dello stesso venga consegnata al cliente. Nei casi di inosservanza, il contratto è nullo; come già visto, la nullità è una nullità di protezione e infatti il terzo comma dell’art. 23 prevede che la nullità possa essere fatta valere solo dal cliente.Potrebbe accadere che nella stipulazione del contratto non vi sia la firma del soggetto intermediario, quindi del cd. soggetto forte (la banca, ad esempio), ma sia presente solo la firma del cliente.Ci si è chiesti se in questo caso il soggetto outsider possa far valere la nullità del contratto di intermediazione finanziaria, o meno.Il problema, in particolare, si è posto perché in questo modo si potrebbe avere un utilizzo abusivo dello strumento di nullità di protezione da parte del cliente: potrebbe stipulare il contratto quadro, valutare l’andamento delle operazioni di investimento, e solo in un secondo momento, nel caso in cui le operazioni siano andate male, sollevare la nullità del contratto per assenza di forma perché manca la sottoscrizione dell’intermediario.È intervenuta la giurisprudenza della Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 898/2018), la quale ha evidenziato quale fosse la ratio della nullità per assenza di forma prevista dall’art. 23 TUF: trattasi di nullità per difetto di forma posta nell'interesse esclusivo del cliente, intesa ad assicurare a quest'ultimo, da parte dell'intermediario, la piena indicazione degli specifici servizi forniti, della durata e delle modalità di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, delle modalità proprie con cui si svolgeranno le singole operazioni, della periodicità, contenuti e documentazione da fornire in sede di rendicontazione ed altro come specificamente indicato. Come già visto, è l'investitore che è soggetto debole e quindi necessita di conoscere e di potere verificare nel corso del rapporto il rispetto delle modalità di esecuzione e le regole che riguardano la vigenza del contratto.Se questa è la ratio, ne deriva che è irrilevante la sottoscrizione dell’intermediario sul contratto quadro, quando questo è stato firmato dall'investitore (soggetto debole) ed una copia gli è stata pure consegnata. La forma in questo caso è una forma funzionale ad informare il cliente: si tratta di forma contenuto, veicolo di alcune informazioni. Se lo scopo della forma è quello di far conoscere queste informazioni sul contenuto del contratto alla parte debole, il fatto che sia presente o meno la sottoscrizione dell’intermediario è del tutto irrilevante. Questa nullità viene equiparata a quella prevista dall’art. 156 c.p.c. – la nullità non può essere pronunciata se l’atto ha comunque raggiunto lo scopo (e quindi quella di informare).Parte della dottrina ha criticato questa ricostruzione evidenziando che se si parla di forma scritta, la declinazione elementare della forma scritta è quella della scrittura privata (art. 2702 cc), la quale si caratterizza per il fatto che le sottoscrizioni di entrambi i contraenti siano formate per iscritto, altrimenti non si ha forma scritto. La dottrina ritiene che in realtà si poteva arrivare alla medesima soluzione facendo riferimento non tanto ad una forma dell’atto, quanto invece ad un obbligo di informazione per iscritto sul contenuto contrattuale. La sottoscrizione del cliente viene richiesta perché vale quale prova dell’avvenuta accettazione e consegna del contratto ex art. 23 TUF: se l’intermediario è obbligato a informare il cliente, l’assenza della sua firma non è causa di nullità, perché il compito dell’intermediario finanziario è solo quello di informare il cliente.4 - Il problema della nullità selettivaÈ il caso in cui il soggetto cliente abbia stipulato il contratto quadro, abbia fatto poi più operazioni di investimento, e infine decida di far valere la nullità del contratto quadro solo per alcuni dei contratti di investimento; ad esito quindi della valutazione dell’andamento delle varie operazioni.Gli interessi che vengono in rilievo sono, da un lato, la libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) e, dall’altro lato, la tutela del risparmio (art. 47 Cost.).Secondo parte della dottrina è possibile ammettere tale nullità selettiva: l’art. 23 TUF prevede che la nullità è di protezione e quindi il cliente non solo può scegliere se far valere o meno la nullità, ma anche se avvalersi della nullità in relazione a tutti o solo ad alcuni strumenti.Ci si è chiesti, quindi, se la banca possa in via riconvenzionale far valere la nullità in generale, e quindi di tutti i contratti di investimento.In merito sono state sostenute due tesi:secondo una prima tesi, non è data tale possibilità alla banca, perché altrimenti non sarebbe più una nullità di protezione e a legittimazione relativa. Permettere alla banca di far valere la nullità in generale sarebbe del tutto elusivo rispetto alla disciplina delle nullità di protezione. La banca, piuttosto, potrebbe chiedere la compensazione delle somme spettanti al cliente a fronte della nullità dei contratti di investimento considerati nulli e delle somme ricevute. Potrebbe chiedere tale compensazione solo per quegli specifici contratti nulli, quindi verso i quali il cliente ha fatto valere la nullità di protezione.A sostegno di tale tesi si evidenzia anche che se così non fosse il cliente non farebbe mai valere la nullità di protezione. Infatti, se dovesse farla valere nei confronti di tutti gli strumenti di investimento la farebbe valere solo quando tutti i contratti di investimento vanno male; altrimenti sarebbe svantaggioso per lui.Inoltre, la nullità ha anche una funzione deterrente perché vuole evitare che l’investitore finanziario possa nel futuro con altri clienti non ottemperare ai requisiti di forma richiesti (art. 47 Cost.)Secondo una diversa tesi, è vero che la banca non può in via riconvenzionale far valere la nullità di tutti i contratti di investimento, perché altrimenti verrebbe eluso l’art. 23 TUF nella parte in cui prevede la legittimazione relativa, ma vi è un altro rimedio che discende dai principi generali a favore della banca: se il cliente estende la nullità soltanto ad alcuni ordini di investimento, la banca potrà eccepire l’exceptio doli, cioè il rimedio di carattere generale avverso l’esercizio abusivo di un diritto, cui segue la sterilizzazione dell’azione altrui.Si ritiene che vi sia un abuso del diritto da parte del cliente nei casi in cui vi è malafede: per esempio, quando il cliente ha consentito all’apporre una firma falsa e poi si è lamentato della stessa. Non è possibile dire che vi è un abuso ogni qualvolta il cliente sceglie di estendere la nullità ai soli contratti andati male. Editor: dott.ssa Claudia Cunsolo

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Egregio Avvocato

Il Superbonus 110%: guida pratica

9 feb. 2021 tempo di lettura 5 minuti

Il Decreto Legge n. 34/2020, convertito con modificazioni con la legge n. 77/2020 e meglio noto come Decreto Rilancio, oltre a introdurre misure urgenti in materia di salute, sostegno all’economia e politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid – 19, ha incrementato al 110% l’aliquota di detrazione delle spese sostenute a partire dal 1° luglio 2020 sino al 31 dicembre 2021, a fronte di interventi di riduzione del rischio sismico, di installazione di impianti fotovoltaici, ma anche delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici negli edifici.Ma chi può usufruire del c.d. Superbonus? E quali sono gli interventi c.d. agevolabili?Il Superbonus: cos’è? Chi può usufruirne?Quali sono gli interventi agevolabili?Esistono delle alternative alle detrazioni?Come ottenere il Superbonus 110%?1 - Il Superbonus: cos’è? Chi può usufruirne?Il Superbonus 110% è una misura di incentivazione, introdotta dal Decreto Legge Rilancio che mira ad una migliore efficacia e sicurezza per le abitazioni.Il Superbonus si suddivide in una duplice tipologia di interventi: il Super Ecobonus e il Super Sismabonus.Infatti, le disposizioni del D.L. 34/2020 si aggiungono a quelle già vigenti che disciplinano le detrazioni dal 50% all’85% delle spese spettanti per gli interventi di:recupero del patrimonio edilizio, ai sensi dell’art. 16 bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), inclusi gli interventi di riduzione del rischio sismico (c.d. Sismabonus), disciplinato dall’art. 16 del Decreto Legislativo n. 63/2013;riqualificazione energetica degli edifici (c.d. Ecobonus), a norma dell’art. 14 del D.Lgs. n. 63/2013. Ma, in concreto, quali sono le agevolazioni previste dal Decreto Rilancio?Questa agevolazione è concessa laddove si eseguano interventi di manutenzione che aumentino il livello di efficienza energetica degli edifici ovvero si riduca il rischio sismico degli stessi.Più nel dettaglio, il Superbonus spetta, a determinate condizioni, per le spese sostenute per interventi effettuati sulle parti comuni degli edifici, su unità immobiliari funzionalmente indipendenti site all’interno di edifici plurifamiliari ma che abbiano almeno un accesso autonomo dall’esterno, ed infine sulle singole unità immobiliari.Chi può, quindi, usufruire di questo incentivo?Dalla lettura della normativa è possibile fornire una risposta esaustiva. Il Superbonus si applica agli interventi effettuati da:i condomìni;le persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni;gli Istituti autonomi case popolari (c.d. IACP), nonché gli enti che abbiano le medesime finalità sociali che rispondano ai requisiti della legislazione europea in materia di “in house providing”;le cooperative di abitazione a proprietà indivisa;le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui alla Legge n. 266/1991 e le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionali, regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano;le associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte nel registro istituito ai sensi dell’art. 5, comma 2, lettera c) del D. Lgs. n. 242/1999, ma limitatamente ai lavori destinati ai soli immobili o parti di immobili adibiti a spogliatoi.L’incentivo del Superbonus consiste in una detrazione del 110% che si applica sulle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022, da ripartire in cinque quote annuali e, solamente per la parte di spesa sostenuta nell’anno 2022, in quattro quote annuali.Per gli Istituti Autonomi Case Popolari (i c.d. IACP) il limite temporale entro cui è possibile detrarre le spese è esteso sino al 31 dicembre 2022, prorogabile ulteriormente sino al 30 giugno 2023, solamente nell’ipotesi in cui sia stato completato almeno il 60% dei lavori al 31 dicembre 2022. Per quanto riguarda, invece, i condomini, il limite temporale è esteso sino al 31 dicembre 2022 se, al 30 giugno 2022, sia stato completato almeno il 60% dei lavori.2 - Quali sono gli interventi agevolabili?L’articolo 119 del già citato Decreto Rilancio specifica che le detrazioni più elevate sono riconosciute per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente per le tipologie di interventi c.d. trainanti o principali. Si tratta degli interventi di:isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali (es. coperture, pavimenti) e inclinate delimitanti il volume riscaldato, verso l’esterno, verso vani non riscaldati o il terreno che interessano l’involucro dell’edificio, con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda dell’edificio stesso;sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni o sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari di edifici plurifamiliari. Si tratta, più nello specifico, di interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati destinati al riscaldamento e/o al raffrescamento e/o alla produzione di acqua calda sanitaria, dotati di: generatori di calore a condensazione, con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto, generatori a pompe di calore, ad alta efficienza, anche con sonde geotermiche, apparecchi ibridi, costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione, sistemi di microcogenerazione, collettori solari;interventi antisismici (c.d. Sismabonus). Con il Decreto Rilancio si prevede che la detrazione per gli interventi antisismici previsti dall’art. 16, commi da 1 – bis a 1 – septies, del D. L. n. 63/2013, sia elevata al 110% per le spese sostenute nel periodo sopra indicato.Il Superbonus spetta anche per le spese sostenute per gli interventi ulteriori eseguiti congiuntamente con almeno uno degli interventi trainanti. Si tratta dei c.d. interventi aggiuntivi o trainati, vale a dire gli interventi di efficientamento energetico, di installazione di impianti solari fotovoltaici e di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici.3 - Esistono delle alternative alle detrazioni?La risposta è affermativa. Infatti, l’art. 121 del Decreto Rilancio prevede che i soggetti che possono usufruire del Superbonus, possano optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, di importo massimo non superiore al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore di beni e servizi relativi agli interventi agevolati;per la cessione di un credito d’imposta corrispondente alla detrazione spettante, ad altri soggetti, quali istituti di credito e intermediari finanziari. 4 - Come ottenere il Superbonus 110%?Per poter ottenere la detrazione, gli interventi dovranno, nel complesso, assicurare il miglioramento di almeno due classi energetiche, dimostrato con l’attestato di prestazione energetica (A.P.E.).È inoltre necessario:pagare tramite bonifico bancario o postale dal quale risulti la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione e la partita IVA del soggetto destinatario del bonifico;depositare, se previsto, in Comune la relazione tecnica dell’intervento;acquisire l’A.P.E. pre e post intervento;trasmettere ad ENEA telematicamente, entro 90 giorni dalla fine dei lavori, i dati per la compilazione della scheda descrittiva che si ricavano dall’A.P.E. e quelli per la compilazione della scheda informativa dell’intervento contenente le anagrafiche dell’immobile, dei beneficiari e i costi sostenuti.Editor: avv. Marco Mezzi

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