Pubblicità ingannevole: come denunciarla?

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Pubblicato il 14 nov. 2021 · tempo di lettura 1 minuti

Pubblicità ingannevole: come denunciarla? | Egregio Avvocato

Per pubblicità ingannevole si intende la pratica commerciale posta in essere da un professionista in modo scorretto. In contrasto con il principio della diligenza professionale, la pubblicità ingannevole  induce in errore il consumatore medio, falsandone il processo decisionale (acquista un prodotto che non avrebbe acquistato). Le informazioni ingannevoli possono riguardare il prezzo, le caratteristiche del prodotto, i rischi connessi al suo impiego.


Ogni cittadino e qualsiasi associazione che ne abbia interesse può richiedere l’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) per denunciare i casi di pubblicità ingannevole e le pratiche commerciali scorrette. 

Nei casi in cui l’Antitrust ritenga esistenti sufficienti elementi probatori, avvia il procedimento amministrativo: il termine di conclusione del procedimento è di 120 giorni, decorrenti dalla data di protocollo della comunicazione di avvio, e di 150 giorni quando si debba chiedere il parere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom).


Si può segnalare attraverso i seguenti canali:


  1. tramite posta ordinaria inviando la segnalazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Piazza Giuseppe Verdi 6/A – 00198 Roma;
  2. inviando la segnalazione scritta alla casella di posta elettronica certificata: protocollo.agcm@pec.agcm.it;

compilando e inviando on line il modulo cui si accede tramite il sito www.agcm.it/segnala-online/index.

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Il consenso informato all’intervento medico e la c.d. Legge sul Biotestamento

11 nov. 2021 tempo di lettura 6 minuti

Un tema certamente attuale e delicato e che da anni è al centro del dibattito socio – politico in Italia è quello riguardante il “fine vita”.Nel corso degli ultimi anni diversi sono stati i casi finiti al centro dell’attenzione mediatica e solamente nel 2017 è stato compiuto un primo passo legislativo in tal senso.Difatti, la Legge n. 219 del 2017 reca le “norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” ed è nota come legge sul Biotestamento.Tuttavia, questo intervento legislativo non è stato del tutto esaustivo sul tema, in quanto la libertà di scelta sul “fine vita” è concessa esclusivamente a quei pazienti per cui risulti sufficiente l’interruzione delle terapie. Invece, per tutti coloro i quali soffrano di patologie irreversibili e/o che siano impossibilitati ad assumere farmaci autonomamente non vi è alcuna possibilità di scelta, poiché si ricadrebbe nell’ipotesi di reato di cui all’articolo 579 del codice penale, rubricato “omicidio del consenziente”.In attesa di scoprire cosa accadrà con il referendum sull’eutanasia legale, è opportuno ricordare che, ad ogni modo, la Legge 219/2017 rappresenta comunque un primo fondamentale punto di partenza, in particolare per aver introdotto e disciplinato il consenso informato all’intervento medico.Il consenso informato all’intervento medico: cos’è? Due ipotesi particolari: il consenso informato nelle urgenze e quello del minoreIl dissenso informatoIl fine vita in Italia. Eutanasia, suicidio medicalmente assistito e DAT1 - Il consenso informato all’intervento medico: cos’è?L’articolo 1 della già citata Legge 219/2017 precisa che il consenso informato medico è il processo con cui il paziente decide in modo libero e autonomo dopo che gli sono state presentate una serie specifica di informazioni, rese a lui comprensibili da parte del medico o equipe medica, se iniziare o proseguire il trattamento sanitario previsto.Si può, quindi, affermare che per acquisizione del consenso informato si possa intendere l’espressione, da parte del paziente, dell’assenso, della modifica o della revoca al trattamento sanitario prospettato dal medico.Stante la particolare delicatezza del tema, non si tratta di un puro e semplice assenso a un dato intervento medico o a uno specifico trattamento sanitario, bensì di un consenso che richiede un’adeguata informazione, la quale deve comprendere anche l’indicazione di tutte le eventuali alternative terapeutiche possibili, del rischio di potenziali complicanze e così via.Per quanto riguarda, invece, la forma del consenso informato, occorre precisare che non esistono obblighi circa la sua acquisizione per iscritto, sebbene sia indubbio che potrebbero sorgere serie problematiche, da un punto di vista probatorio in un eventuale giudizio, se l’acquisizione avvenga in forma orale.2 - Due ipotesi particolari: il consenso informato nelle urgenze e quello del minoreÈ, quindi, necessario, prima di sottoporre un paziente a qualsivoglia cura, acquisire il consenso informato dello stesso. Sorgono, tuttavia, delle perplessità circa l’ipotesi di un caso d’urgenza, in cui, per ovvie ragioni, non è sempre possibile avere il tempo necessario per fornire l’adeguata informazione al paziente, indispensabile per ottenere il suo consenso informato a norma di legge.In queste ipotesi, certamente la prima valutazione da compiere è relativa alle effettive condizioni del paziente. Difatti, se questi è cosciente e lucido, il suo consenso andrà necessariamente richiesto ed acquisito, seppure anche in forma sintetica o solamente verbale.Viceversa, laddove il paziente non dovesse essere cosciente, sebbene senza il consenso informato il medico non potrebbe compiere alcun intervento terapeutico, è altrettanto vero che in situazioni di urgenza in cui il paziente è incosciente non è concretamente possibile acquisire il suo consenso in ordine alle cure.Sul punto è ormai consolidato l’orientamento della dottrina in base al quale fonda l’esonero eccezionale dall’obbligo di acquisizione del consenso su quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, secondo cui non è possibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Altro problema che ci si è posti con riguardo all’obbligo gravante sul medico di acquisire il consenso del proprio paziente alle cure è quello in cui quest’ultimo sia minorenne. In particolare, ci si domanda se, in questi casi, il consenso informato vada dato dal paziente stesso o da chi eserciti sullo stesso la potestà. Generalmente, va ricordato che il nostro ordinamento giuridico non considera il minore del tutto capace di comprendere le conseguenze che possono derivare da un trattamento terapeutico, con la conseguenza che si rende necessaria l’acquisizione del consenso da parte dei genitori o di chi ne fa le veci. Tuttavia, è in ogni caso indispensabile che vi sia un coinvolgimento del minore, specie nel caso in cui questi sia maturo e in grado di comprendere le terapie proposte.3 - Il dissenso informatoRifiutare le cure è un diritto del paziente. Ma cosa può fare il medico nell’ipotesi in cui il rifiuto alle cure rischi di pregiudicare gravemente la salute del paziente?Certamente sono da escludere interventi coercitivi, ma è consigliabile che il medico acquisisca il c.d. dissenso informato. In altre parole, il paziente deve essere informato non solamente dei pregiudizi che un determinato trattamento sanitario potrebbe comportare, ma anche di tutte le potenziali conseguenze che possano derivare dal rifiuto consapevole alle cure, acquisendo su di sé tutte i rischi che derivano dal dissenso.Sul punto è intervenuta anche la giurisprudenza, la quale ha riconosciuto che il consenso informato ha come contenuto concreto la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma anche eventualmente di rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla. Va dunque riconosciuto al paziente un vero e proprio diritto di non curarsi, anche se tale condotta lo esponga al rischio stesso della vita, mentre al medico non è attribuibile un generale “diritto di curare” a prescindere dalla volontà dell’ammalato.4 - Il fine vita in Italia. Eutanasia, suicidio medicalmente assistito e DATCome è noto, le tematiche inerenti al “fine vita” in Italia sono, da sempre oggetto di discussioni socio – politiche.Cosa s’intende per eutanasia? Con questo termine si ricomprendono tutti gli interventi medici che prevedono la somministrazione diretta di un farmaco letale al paziente che ne faccia richiesta e soddisfi tutta una serie di requisiti.Ad oggi, l’eutanasia è vietata in Italia.Tuttavia, a seguito della sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale è possibile richiedere il c.d. suicidio medicalmente assistito. Si tratta, in sostanza, dell’aiuto indiretto a morire da parte di un medico.Tuttavia, per richiederlo sono necessarie quattro condizioni: 1) la persona che ne fa richiesta deve essere pienamente capace di intendere e di volere; 2) deve avere una patologia irreversibile; 3) tale patologia deve essere portatrice di gravi sofferenze fisiche o psichiche; 4) la persona che ne fa richiesta sopravvive grazie esclusivamente a trattamenti di sostegno vitale.Attualmente, nel nostro ordinamento giuridico il “fine vita” è disciplinato esclusivamente dalla già citata Legge n. 219 del 2017, la quale all’articolo 4 disciplina la c.d. disposizione anticipata di trattamento o DAT.In particolare, si prevede che ogni persona maggiorenne e capace di intendere e volere può, nelle disposizioni anticipate di trattamento, esprimere la propria volontà in materia di trattamenti sanitari, indicando un fiduciario che lo rappresenti. Si tratta di una scelta che può essere effettuata attraverso un documento, comunemente definito testamento biologico o biotestamento, in cui ciascun individuo può dare disposizioni in merito a quali cure ricevere nel fine vita, ad esempio per evitare accanimento terapeutico, oppure definire le modalità della sua sepoltura e dare il consenso all’espianto degli organi.Editor: avv. Marco Mezzi

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Networking nel settore legale: perché è così importante?

14 dic. 2020 tempo di lettura 4 minuti

Networking significa intrattenere rapporti, alimentare connessioni e scambiare informazioni al fine di aumentare le proprie opportunità professionali e lo sviluppo della propria carriera. Il successo di ogni professionista, ed in particolare nel settore legale, dipende dal mantenimento e dall'espansione delle relazioni con i clienti esistenti e dall'attrazione di nuovi. Per far questo, è necessario incrementare il proprio network di conoscenze ed instaurare nuovi rapporti.  Come in ogni settore, molto spesso non conta solo “cosa sappiamo” o “quanto siamo competenti”, ma anche “chi conosciamo”. Essere conosciuti da colleghi e clienti è necessario per poter essere scelti.Da sempre, la raccomandazione ed il passaparola sono strumenti fondamentali per costruire la propria “reputazione legale” e generare nuove opportunità di lavoro. Ma espandere i propri contatti oltre le conoscenze personali non è così semplice e basarsi su “chi potremmo conoscere direttamente” spesso non basta. Ancora di più se si deve competere in un mercato sempre più concorrenziale e soggetto a fattori di mutamento ed evoluzione continui. Per questo, entrare a far parte di una rete online di contatti professionali è uno strumento fondamentale per garantire all’avvocato non solo una maggiore visibilità nei confronti di potenziali clienti, ma soprattutto l’ampliamento delle proprie relazioni nel settore.  E allora, se trovare nuovi riferimenti ed aumentare la propria presenza sul web è necessario per affrontare le sfide che l’attività professionale oggi pone, scegliere un giusto canale di networking aiuta il professionista a generare rapporti di lavoro.   L’esigenza di essere trovati più facilmente da possibili clienti o datori di lavoro online spiega il successo che ha avuto Linkedin negli ultimi anni. La cui principale caratteristica sta nella creazione da parte dell’utente di una rete di contatti, che avvalorino le sue capacità e aumentino le sue opportunità.  Per questo abbiamo creato Egregio Avvocato. Un network online esclusivamente e totalmente dedicato alla professione legale. Una community di avvocati a livello nazionale. Perché far parte di una rete composta da professionisti del diritto equivale a far parte di una rete di potenziali clienti.L’obiettivo di Egregio Avvocato è sicuramente far fronte alla sempre maggiore richiesta da parte degli utenti che, non sapendo a chi rivolgersi, cercano un avvocato online. Come può un avvocato essere trovato dall’utente se non è presente nel mondo digitale?Anche per coloro che già sono dotati di un sito web personale, essere rintracciabile non è così semplice. Ma, far parte di un gruppo aumenta la visibilità online dei singoli. Egregio Avvocato, attraverso la presenza sui social media – instagram, linkedin, facebook – la pubblicazione di articoli online e l’indicizzazione delle pagine personali degli avvocati con la tecnologia SEO, garantisce visibilità alla piattaforma ed alle pagine personali dei singoli avvocati. Ogni professionista avrà una vetrina professionale, nella quale potrà inserire le competenze acquisite, il percorso formativo svolto e case study che evidenziano le effettive esperienze maturate, ciò al fine di costruirsi una adeguata reputazione online. Attraverso la pubblicazione dei propri materiali di studio e approfondimento nelle aree dedicate della piattaforma digitale, l’avvocato genererà maggiori visite degli utenti sulla propria pagina personale e sul proprio sito web, aumentando così le possibilità di essere conosciuto e di acquisire nuovi clienti, interessati ad un consulto sulle tematiche trattate dal legale nei propri articoli.  Ma la funzione di Egregio Avvocato non si esaurisce qui, piuttosto è volta alla creazione di un rapporto vivo e collaborativo tra colleghi del settore legale.  Lo scambio di idee e la possibilità di esprimere la propria opinione sui contributi pubblicati da altri professionisti, permetterà all’avvocato di farsi conoscere sull’intero territorio nazionale e rimanere aggiornato sulle ultime tematiche in materia. Confrontarsi con colleghi esperti ed avere una visione d’insieme del problema, in una professione così complessa e soggetta a multidisciplinarietà, è senz’altro utile al fine di fornire una migliore consulenza al cliente ed arrivare a nuove soluzioni. Sfruttando le connessioni che la rete genera, il singolo professionista non solo attrae maggiori opportunità professionali, ma sviluppa le proprie aree di competenza personale. La possibilità di mostrare le proprie qualità lavorative permette al legale di essere raccomandato da colleghi che vogliono consigliare ai propri clienti un avvocato di altro foro o di altra area di competenza. Il feedback positivo, quando proviene da chi svolge una stessa professione, ha un fortissimo potere di influenza sui clienti. Ogni avvocato potrà poi rendersi disponibile a svolgere attività di domiciliazione, potendo in questo modo essere apprezzato da colleghi su tutto il territorio nazionale che potrebbero poi decidere di avviare ulteriori collaborazioni professionali. In conclusione, Egregio Avvocato è un progetto interamente dedicato alla carriera legale. Una piattaforma con cui non solo l’avvocato sarà presente nel mondo digitale e potrà essere trovato dai clienti che cercano un “avvocato online”, in modo più semplice ed efficace rispetto al proprio sito personale. Ma soprattutto una piattaforma attraverso la quale creare la propria rete di contatti nel mondo legale ed acquisire visibilità agli occhi dei colleghi, pubblicando i propri lavori ed attingendo ad approfondimenti e contributi di altri legali al fine di mantenersi informati ed accrescere le proprie conoscenze.

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L’adozione dei minori

21 feb. 2022 tempo di lettura 6 minuti

L’adozione dei minori è uno strumento che ha lo scopo primario di procurare una famiglia ai minori che ne siano privi o che non ne abbiano una idonea.La materia è disciplinata dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, denominata “Diritto del minore ad avere una famiglia”.In questo contributo esamineremo la c.d. “adozione legittimante”, la quale fa venire meno ogni legame tra la famiglia di origine ed il minore, che acquista lo stato di figlio nato nel matrimonio dei genitori adottivi. Premessa: la priorità del diritto del minore di crescere nella propria famigliaLa dichiarazione dello stato di adottabilità del minoreRequisiti degli adottantiIndicazioni “operative” per la coppia che intende adottare1 - Premessa: la priorità del diritto del minore di crescere nella propria famigliaSecondo il combinato disposto degli artt. 1 e 5 della l. 184/1983, “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”, senza distinzioni di sesso, etnia, età, lingua o religione e “nel rispetto della [sua] identità culturale”. Da queste norme si ricava che il diritto del minore di crescere nella propria famiglia è prioritario e che l’adozione è un rimedio eccezionale a situazioni di emergenza: si tratta di uno strumento per sottrarre il minore ad una situazione grave e patologica, tramite la sostituzione della famiglia d’origine con una nuova famiglia.La legge, pertanto, individua, da un lato, i presupposti in presenza dei quali il minore viene dichiarato “adottabile” e, dall’altro lato, i meccanismi selettivi tramite i quali selezionare le famiglie idonee all’adozione.2 - La dichiarazione dello stato di adottabilità del minoreIn primo luogo, affinché possa aver luogo l’adozione, è necessario che il tribunale per i minorenni dichiari il minore “in stato di adottabilità”. Questa dichiarazione è ammessa nei confronti dei minori che si trovino “in situazioni di abbandono”. L’art. 8 l. 184/1983 precisa che questa situazione ricorre quando il minore sia “privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi”. È importante precisare che non dà luogo a situazione di abbandono la condizione di indigenza della famiglia: la legge prevede, infatti, che lo Stato e gli enti locali sostengano i nuclei familiari a rischio proprio al fine di prevenire situazioni di abbandono dei minori. Una volta ricevuta la segnalazione dello stato di abbandono in cui si trovi un minore, il tribunale per i minorenni deve assicurare ai genitori il diritto di difesa e compiere gli opportuni accertamenti. Più in particolare, la dichiarazione di adottabilità viene pronunciata, con sentenza, solo se:i genitori e i parenti, pur convocati dal tribunale, non si sono presentati senza addurre un giustificato motivo;i genitori e i parenti si sono presentati innanzi il tribunale ma la loro audizione ha confermato il persistere della situazione di abbandono;i genitori non hanno adempiuto alle prescrizioni eventualmente impartite loro nel corso del procedimento ovvero è provata l’irrecuperabilità delle capacità genitoriali dei genitori in un tempo ragionevole.Con la pronuncia dello stato di adottabilità, viene sospesa la responsabilità genitoriale dei genitori e il giudice nomina un tutore al minore.A questo punto, il minore viene collocato in affidamento preadottivo presso la coppia ritenuta idonea (che deve avere i requisiti che a breve indicheremo). Se il minore ha già compiuto 14 anni, è necessario anche che egli presti il consenso alla coppia prescelta. Se, invece, il minore ha compiuto gli anni 12 anni o sia abbastanza maturo da avere una autonoma capacità di discernimento, la sua audizione è solo facoltativa.Con l’affidamento preadottivo si instaura una sorta di adozione provvisoria, che deve durare almeno un anno. In caso di esito favorevole della prova, il tribunale pronuncia la sentenza di adozione: per effetto della sentenza, il minore acquista lo status di figlio nato nel matrimonio degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome. 3 - Requisiti degli adottantiI soggetti interessati all’adozione devono avere due requisiti fondamentali.Devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni (o aver stabilmente e continuativamente convissuto, prima del matrimonio, per almeno tre anni), non separati nonché idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare. Ne consegue che, in Italia, non è ammessa l’adozione da parte di una persona sola né da parte di  coppie di conviventi more uxorio. L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto anni l’età dell’adottato ma non deve superarla di più di quarantacinque anni. Questa regola subisce delle deroghe:Le deroghe alla differenza di età sono ammesse:quando il tribunale accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore;quando il limite dei 45 anni sia superato da uno solo dei coniugi nella misura non superiore a 10 anni;quando gli adottanti siano genitori di figli nati fuori dal matrimonio o adottivi dei quali almeno uno sia minorenne;quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi coniugi adottato. 4 - Indicazioni “operative” per la coppia che intende adottareLa coppia di coniugi che intenda adottare un minore deve presentare una domanda presso il tribunale per i minorenni, la cui cancelleria generalmente fornisce i moduli necessari allo scopo. La coppia può inoltrare più domande, anche successive, a più tribunali per i minorenni, purché ne dia comunicazione a tutti i tribunali.La domanda di adozione si sostanzia in una dichiarazione di disponibilità ad adottare un bambino dichiarato adottabile dal tribunale, specificando se vi è la disponibilità ad adottare più fratelli o minori portatori di handicap. Alla domanda devono essere allegati alcuni documenti tra i quali, ad esempio, il certificato di nascita dei richiedenti, lo stato di famiglia, il certificato del medico di medicina generale che attesti la buona salute di entrambi i coniugi, la dichiarazione che attesti lo stato di non separazione dei coniugi.La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione ma può essere rinnovata.Una volta ricevuta la domanda della coppia, il tribunale per i minorenni svolge delle indagini – da concludersi entro 120 giorni ma prorogabili sino ad altri 120 giorni – con l’aiuto dei servizi socio assistenziali per verificare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge (quindi i requisiti di età, di stabilità del rapporto tra i coniugi, la capacità di educare il minore) nonché la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare dei richiedenti, i loro motivi.Sulla base delle indagini effettuate, il tribunale sceglie, tra le coppie che hanno presentato domanda, quella maggiormente idonea a provvedere alle esigenze del minore.A questo punto, dopo aver disposto l’audizione del pubblico ministero, dei genitori dei richiedenti, del minore che ha compiuto i 12 anni e anche del minore di età, in considerazione della sua capacità di discernimento, il tribunale per i minorenni dispone l’affidamento preadottivo alla coppia prescelta.Il tribunale continua a vigilare sull’affidamento preadottivo, anche avvalendosi del giudice tutelare e dei servizi locali sociali e consultoriali nonchè adottando i provvedimenti che si rendano necessari in caso di difficoltà nel rapporto di convivenza tra gli affidatari ed il minore.Segnaliamo che, a seconda del tribunale presso il quale si presenta la domanda, i documenti che la corredano possono variare: sarà dunque opportuno che si acquisiscano informazioni prima di inoltrarla.Editor: dott.ssa Elena Pullano

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Acquisto "Prima Casa"

24 mar. 2022 tempo di lettura 4 minuti

Quando si acquista una “prima casa” il Legislatore prevede un trattamento fiscale agevolato che consente, a determinate condizioni, di pagare imposte ridotte all’atto di acquisto. E se sono anche un soggetto UNDER 36?1. Quali sono le agevolazioni fiscali?2. Quali sono i presupposti per ottenere i benefici?3. Posso rivendere una casa acquistata con i benefici “prima casa”?4. Brevi cenni sulle agevolazioni UNDER 36.1 - Quali sono le agevolazioni fiscali?Con l’espressione “acquisto prima casa” si fa riferimento ad un particolare regime fiscale di favore che il Legislatore riconosce all’acquirente (persona fisica) che – al ricorrere di determinati presupposti –acquista un primo immobile destinato ad abitazione.  In particolare, le agevolazioni si sostanziano nella diminuzione della cd. imposta di registro.Ogni atto giuridico è soggetto al pagamento obbligatorio di un’imposta da versare allo Stato per la registrazione dell’atto all’Agenzia delle Entrate. Tale imposta può essere proporzionale (ossia una percentuale da applicare a una data base imponibile) oppure fissa.Per gli atti traslativi a titolo oneroso di diritti reali su beni immobili (es. vendita), acquistati da privati, ai sensi dell’art. 1, Tariffa I, Parte I DPR n. 131/1986, l’imposta di registro è del 9%.Quando il trasferimento, però, ha ad oggetto diritti inerenti immobili “prima casa” l’imposta di registro è ridotta al 2%.L’aliquota deve poi essere applicata ad una base imponibile. Ebbene, nel caso di acquisti prima casa (se l’atto non è imponibile Iva e l’acquirente lo richieda) la base imponibile su cui calcolare l’imposta è il “valore catastale”, e non il prezzo pattuito dalle parti. Esso si ottiene moltiplicando la rendita catastale per determinati coefficienti, inferiori nel caso in cui ci troviamo all’interno di tale regime agevolato, che comportano per l’acquirente un ulteriore risparmio d’imposta. Facciamo un esempio per capire meglio. Ipotizziamo che un’immobile abbia una rendita catastale di 900 euro:a) se acquisto con le agevolazioni “prima casa” pagherò un’imposta di registro di 2.079 euro. Perché la base imponibile sarà data da: 900 (rendita) x 115,5 (coefficiente prima casa) = 103.950. A cui devo applicare l’aliquota del 2%: 103.950 x 0,02 = 2.079. b) se acquisto senza le agevolazioni “prima casa” pagherò un’imposta di registro di 10.206 euro.Perché la base imponibile sarà data da: 900 (rendita) x 126 (coefficiente non prima casa) = 133.400A cui devo applicare l’aliquota del 9%: 133.400 x 0,09 = 10.206.Una bella differenza! N.B. che l’imposta di registro dovuta non è mai inferiore a 1.000 euro. Se, ad esempio, a seguito del calcolo predetto l’imposta da versare risultasse 800 euro, scatterebbe la soglia minima, per cui l’acquirente sarebbe comunque tenuto a pagare la somma di 1.000.Ma attenzione, se l’abitazione “prima casa” viene venduta o donata prima che siano trascorsi 5 anni dalla data di acquisto si decade dai benefici e sono previste delle sanzioni salvo, come appresso detto, il riacquisto entro un anno di altra “prima casa”. 2 - Quali sono i presupposti per ottenere i benefici?I presupposti possiamo distinguerli in oggettivi, perché legati alla natura del bene acquistato e alla sua ubicazione, e soggettivi, inerenti la situazione giuridica dell’acquirente.Tutti devono ricorrere ai fini delle agevolazioni predette, e precisamente: la casa che si intende acquistare non deve fare parte delle categorie A/1-A/8-A/9, qualunque sia la dimensione dell’immobile (cioè non deve essere una casa di lusso);l’abitazione deve essere ubicata nel Comune in cui si ha la residenza, oppure, nel Comune in cui si intende trasferire la propria residenza obbligatoriamente nel termine di 18 mesi decorrenti dall’atto di acquisto;  o, ancora, nel Comune in cui si svolge la propria attività (lavorativa, sportiva, di studio o di volontariato), o se ci si è trasferiti all’estero, nel Comune in cui ha la sede o svolge la propria attività il soggetto da cui l’acquirente stesso dipende; chi compara non deve essere titolare di un altro immobile nello stesso Comune in cui si trova l’immobile da acquistare;chi compra non deve essere titolare su tutto il territorio nazionale (neppure per quote, anche in regime di comunione legale con il coniuge) di diritti di proprietà, nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione, su altro immobile acquistato con le agevolazioni anzidette, salvo quanto previsto dal 1° gennaio 2016 (vedi di seguito il punto 3).3 - Posso rivendere una casa acquistata con i benefici “prima casa”?Si.Dal 1° gennaio 2016, chi ha acquistato un’abitazione con i benefici “prima casa” può acquistare, sia a titolo oneroso sia gratuito (successione o donazione), un altro immobile abitativo e beneficiare nuovamente delle agevolazioni, ma a condizione che la casa già posseduta sia venduta entro un anno dal nuovo acquisto. 4 - Brevi cenni sulle agevolazioni UNDER 36.Se sei anche un giovane di età inferiore a 36 anni e hai un indicatore ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) inferiore a 40.000 euro, non paghi l’imposta di registro!Invero, il D.L. n. 73/2021 prevede che all’atto di acquisto di una “prima casa”, non soggetto ad iva, non siano neppure dovute l’imposta ipotecaria e catastale (pari a 50 euro l’una). La nuova scadenza dell'agevolazione introdotta dal decreto Sostegni bis (bonus prima casa under 36) è ad oggi fissata al 31 dicembre 2022.Editor: Dott.ssa Flavia Carrubba

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