Egregio Avvocato
Pubblicato il 22 mar. 2022 · tempo di lettura 1 minuti
Il Legislatore distingue due tipologie di possessori, a seconda dello stato psicologico in cui versavano al momento dell’acquisto del possesso.
Chi in tale istante ignorava di ledere l’altrui diritto è possessore in buona fede. L’ignoranza dovuta a colpa grave è equiparata a mala fede.
Si discute se il dubbio sia sempre equiparato a mala fede o colpa grave o se, invece, debba equipararsi a scienza o a ignoranza a seconda che il possessore propenda per tenere vera la rappresentazione conforme a realtà, o quella conforme ad errore.
Per l’ordinamento, il possesso può essere di buona fede anche se non si appoggia ad alcun titolo.
Non è sempre stato approfondito dagli autori il preciso significato della formula “scienza della lesione di un altrui diritto”.
Quando il possessore sappia che il proprio titolo è affetto da un vizio, ci si domanda se la mala fede sia la scienza del vizio o la concreta previsione del futuro annullamento ( come nel caso della conoscenza dell’errore, della sua essenzialità, della sua riconoscibilità , e previsione che l’errante chiederà l’annullamento) o la conoscenza di quell’elemento della fattispecie che cagiona un potenziale pregiudizio al soggetto che ha posto in essere il titolo.
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Egregio Avvocato
17 nov. 2021 • tempo di lettura 1 minuti
Le sentenze che intervengono all’esito di un processo penale possono ricondursi a due macro categorie: quelle di proscioglimento e quelle di condanna. Tra le sentenze di proscioglimento è possibile distinguere tra le sentenze di «non doversi procedere» e le sentenze di «assoluzione» (che rappresentano quindi un sottotipo).La differenza principale sta nel fatto che soltanto quelle di assoluzione contengono un accertamento da parte del giudice, compiuto mediante prove, e come tali sono in grado di fondare l’efficacia del giudicato nei processi civili, amministrativi e disciplinari.Le sentenze di non doversi procedere, invece, si limitano a statuire su aspetti processuali che impediscono l’accertamento stesso – e come tali sono definite come pronunce “meramente processuali”. Ciò si verifica quando l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita (ad es. perché manda una condizione di procedibilità, come la querela); o quando il reato si è estinto (ad es. perché il reato è prescritto).Un aspetto formale, comune ad entrambi i tipi di proscioglimento, è che il giudice deve adottare una delle “formule terminative” previste dalla legge, che servono a precisare e sintetizzare la causa della decisione, fungendo anche da sorte di riassunto della motivazione. Il fatto che solo nel caso di assoluzione vi sia un vero e proprio accertamento nel merito rende tali sentenze più “vantaggiose” rispetto alle altre, anche per l’impatto che esse hanno sull’opinione pubblica.Per conciliare il possibile interesse dell’imputato a ottenere l’assoluzione nel merito (e non una pronuncia processuale) con le esigenze di economia processuale – che invece imporrebbero di non proseguire il processo in carenza dei presupposti – l’ordinamento prevede il giudice debba pronunciare sentenza di assoluzione quando l’innocenza dell’imputato risulti «evidente dagli atti» disponibili quando si verifica anche il fatto estintivo.È inoltre sempre possibile per l’imputato rinunciare alla prescrizione del reato ai sensi dell’art. 157 c.p.
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Egregio Avvocato
31 gen. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
Con «patteggiamento» si identifica il procedimento penale speciale, indicato nel codice di procedura penale come “applicazione della pena su richiesta delle parti”. È un rito semplificato che consente di eliminare il dibattimento e, in tutto o in parte, l’udienza preliminare. La decisione viene assunta allo stato degli atti, sulla base del fascicolo delle indagini preliminari.Il suo esperimento è incentivato dalla legge, che assicura una riduzione della pena fino a un terzo.Fino al 2003, le parti potevano concordare esclusivamente pene detentive fino a due anni, al netto della riduzione fino a un terzo, sole o congiunti a pena pecuniaria.La legge n. 134 del 2003 ha invece ampliato l’ambito di applicazione dell’istituto, al punto che oggi si distingue un patteggiamento tradizionale, cioè quello che segue le regole originarie, e uno “allargato”.Il patteggiamento allargato permette all’imputato e al pubblico ministero di accordarsi su una pena detentiva da due anni e un giorno fino a cinque anni, sola o congiunta a pena pecuniaria. Si apre quindi alla possibilità di esperire tale procedimento ad un numero maggiore di casi, puniti più severamente.Per questo tipo di patteggiamento, però, il legislatore ha posto all’art. 444 co 1 bis c.p.p. dei limiti, escludendolo al ricorrere di determinate cause oggettive, cioè in relazione ad alcune categorie di delitti (associazione mafiosa e assimilati, terrorismo e violenza sessuale e assimilati), e cause soggettive, riguardanti alcuni tipi di imputati (cioè coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali, per tendenza e i recidivi reiterati di cui all’art 99 co. 4 cp, per i quali il patteggiamento allargato resta parimenti precluso).
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Egregio Avvocato
17 nov. 2021 • tempo di lettura 1 minuti
Nell’ambito della materia urbanistica, la Pubblica Amministrazione può assumere decisioni diverse in ordine alla destinazione da attribuire ad un determinato terreno, e che trovano espressione nel Piano regolatore generale (PRG). A seconda del tipo di prescrizione contenuta nel PRG troverà applicazione una disciplina diversa. Nel caso in cui la PA suddivida il territorio in zone omogenee, caratterizzate da certi elementi comuni e le sottopone tutte a una disciplina comune in ordine allo sfruttamento dei suoli, allora si tratterà di prescrizioni di zonizzazione. Non troveranno applicazione i principi propri dell’espropriazione perché in questo caso la PA non sta esercitando un potere espropriativo, ma sta esercitando dei poteri conformativi (e non ablatori!).Se invece la PA si occupa di uno specifico terreno, e non in generale di un insieme di zone omogenee, e ne impedisce lo sfruttamento economico (limitando i poteri del proprietario) a differenza di ciò che avviene per i terreni limitrofi, allora si tratterà prescrizioni di localizzazione. Ciò avviene quando la PA individua un terreno che sarà poi oggetto di esproprio perché vi sorgerà un’opera pubblica, e in questo caso dovranno trovare applicazione le regole e i principi, anche costituzionali, sul potere espropriativo (il vincolo dovrà essere temporaneo, e in caso di reiterazione, dovrà essere previsto un indennizzo a favore del privato).
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Egregio Avvocato
22 feb. 2022 • tempo di lettura 1 minuti
I principali tipi di sequestro che esistono nel processo penale sono il sequestro probatorio, il sequestro conservativo e il sequestro preventivo. La prima differenza da evidenziare è che mentre il sequestro probatorio è un mezzo di ricerca della prova, gli altri due sono misure cautelari reali.In particolare, il sequestro probatorio (art. 253 c.p.p.) consiste nell’assicurare una cosa mobile od immobile al procedimento per finalità probatorie, mediante lo spossessamento coattivo della cosa e la creazione di un vincolo di indisponibilità sulla medesima. Oggetto del sequestro sono il corpo del reato e le cose ad esse pertinenti, in quanto necessari ai fini di prova.Il sequestro conservativo (art. 316 c.p.p.), invece, è disposto quando vi è il pericolo che si disperdano le garanzie patrimoniali dell’imputato, e cioè i beni mobili e immobili sui quali soddisfare le obbligazioni civili nascenti dal reato ed il pagamento della pena pecuniaria e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato.Infine, il sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) è disposto quando vi è il pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze dello stesso, o quando vi è il pericolo che la cosa possa agevolare la commissione di altri reati, o ancora quando la cosa è pericolosa in sé, poiché di essa è consentita o imposta la confisca.
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