Cosa è l’incidente probatorio?

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Pubblicato il 30 nov. 2021 · tempo di lettura 2 minuti

Cosa è l’incidente probatorio? | Egregio Avvocato

L’incidente probatorio consiste in una udienza che si svolge dinanzi al giudice per le indagini preliminari in camera di consiglio, e quindi senza la presenza del pubblico, e nella quale si assumono le prove non rinviabili al dibattimento (art. 392 c.p.p.) Tali prove sono assunte nelle medesime forme prescritte per il dibattimento; ad esempio, la prova dichiarativa è assunta con l’esame incrociato.


A poter fare richiesta di incidente probatorio sono il pubblico ministero, l’indagato e il suo difensore. La persona offesa non può invece rivolgersi direttamente al giudice, ma può fare richiesta solo mediante il pubblico ministero, il quale valuterà se accogliere o meno l’istanza.


Il codice di procedura penale prevede dei casi tassativi di non rinviabilità della prova all’art. 392 c.p.p., tra cui ricordiamo la testimonianza e il confronto, i quali sono ammessi se il dichiarante non potrà deporre in dibattimento a causa di un grave impedimento (es. infermità) o di una minaccia affinché non deponga o deponga il falso. Vi sono però anche degli altri mezzi di prova che devono essere assunti nell’incidente probatorio sulla base del solo presupposto che il p.m. o l’indagato ne abbiano fatto richiesta al gip, senza che sia necessario il requisito della non rinviabilità né dell’urgenza. Ciò accade, ad esempio, quando si tratta dell’esame del testimone di giustizia (art. 392, co. 1, lett. d).


La funzione dell’incidente probatorio, dunque, è quello di consentire una non dispersione delle prove, e di far salvi anche quei mezzi di prova che altrimenti potrebbero non arrivare in dibattimento. Le prove assunte in sede di incidente probatorio, infatti, hanno lo stesso valore delle prove assunte in dibattimento, e possono essere poste a fondamento della decisione del giudice. Unico limite di utilizzabilità delle prove assunte in sede di incidente probatorio è quello delle prove che siano state assunte senza la partecipazione del difensore dell’imputato, e quindi senza la garanzia del contraddittorio.

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Sequestro amministrativo e fermo amministrativo: definizioni e funzioni

30 nov. 2021 tempo di lettura 1 minuti

Il sequestro amministrativo è un atto ablatorio, affine alla confisca, alla quale è in genere preordinato. Differisce dalla confisca in quanto comporta una indisponibilità temporanea del bene alla quale non corrisponde un effetto ablatorio della titolarità del bene per il destinatario del provvedimento.Ciò deriva dal fatto che mentre la confisca è una conseguenza dell’illecito ed è accessoria ad altra sanzione amministrativa principale, il sequestro è un atto prettamente cautelare, adottato in via preventiva, per salvaguardare la collettività dai rischi derivanti dalla pericolosità di un bene.Facendo un esempio, le violazioni del Codice della strada, all’art. 213 è stabilito che nelle ipotesi in cui il Codice prevede la confisca amministrativa, l’organo di polizia che accerta la violazione provvede anche al sequestro del veicolo, oltre alle altre cose oggetto della violazione.Per quanto riguarda il fermo amministrativo, previsto dall’art. 86 D.P.R. 602/1973, come modificato dalla L. 98/2013, si inquadra nel procedimento di riscossione dei tributi. Trattasi di un atto col quale le amministrazioni o gli enti competenti impongono un vincolo di destinazione su un bene mobile registrato dell’obbligato, come avviene per una autovettura o un motociclo, in seguito al mancato pagamento di una cartella esattoriale nei termini di legge o in seguito ad una multa non pagata dovuta ad infrazioni del Codice della strada.In sostanza, il fermo ha l’effetto di bloccare il bene finché non si fa fronte al debito e viene disposto dalla P.A., mediante in concessionari della riscossione (oggi l’Agenzia delle Entrate).

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Le lettere di patronage: deboli e forti

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Le lettere di patronage sono delle dichiarazioni che vengono rilasciate ad una banca da un soggetto (di solito, una società capogruppo) in modo da indurre la banca stessa a concedere, rinnovare o mantenere un finanziamento ad un altro soggetto (di solito, una società controllata dalla prima).Sono molto utilizzate nell’ordinamento italiano, sebbene non esplicitamente disciplinate. Si differenziano, da un lato, dal mandato di credito (art. 1937 c.c.), che prevede un incarico vero e proprio a fare credito, il quale viene accettato dall’altra parte; e dall’altro lato, si differenziano dalla fideiussione (artt. 1936 e ss. c.c.), ove la volontà di prestare garanzia deve essere espressamente manifestata.Vi sono le cd. lettere di patronage deboli, ove il soggetto capogruppo si limita a dare alla banca delle informazioni riguardanti l’altro soggetto rispetto al quale si ha interesse a che venga erogato il credito. Se le informazioni fornite sono sbagliate, si risponderà a titolo di responsabilità precontrattuale, nel caso in cui sia stato falsato il processo di conclusione del contratto (si rientra nella fase delle trattative).Ma vi sono anche le cd. lettere di patronage forti, alla luce delle quali sussiste una vera e propria garanzia atipica. In questi casi, secondo una prima tesi si ha un contratto atipico con obbligo di facere, e cioè impegnarsi a tenere un certo comportamento nella gestione della società controllata. Secondo una diversa tesi, invece, si ha una promessa del fatto del terzo, che dà luogo ad un’obbligazione indennitaria o risarcitoria nel caso in cui non venga mantenuto il comportamento promesso.

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