Le lettere di patronage: deboli e forti

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Pubblicato il 29 gen. 2022 · tempo di lettura 1 minuti

Le lettere di patronage: deboli e forti | Egregio Avvocato

Le lettere di patronage sono delle dichiarazioni che vengono rilasciate ad una banca da un soggetto (di solito, una società capogruppo) in modo da indurre la banca stessa a concedere, rinnovare o mantenere un finanziamento ad un altro soggetto (di solito, una società controllata dalla prima).

Sono molto utilizzate nell’ordinamento italiano, sebbene non esplicitamente disciplinate. Si differenziano, da un lato, dal mandato di credito (art. 1937 c.c.), che prevede un incarico vero e proprio a fare credito, il quale viene accettato dall’altra parte; e dall’altro lato, si differenziano dalla fideiussione (artt. 1936 e ss. c.c.), ove la volontà di prestare garanzia deve essere espressamente manifestata.


Vi sono le cd. lettere di patronage deboli, ove il soggetto capogruppo si limita a dare alla banca delle informazioni riguardanti l’altro soggetto rispetto al quale si ha interesse a che venga erogato il credito. Se le informazioni fornite sono sbagliate, si risponderà a titolo di responsabilità precontrattuale, nel caso in cui sia stato falsato il processo di conclusione del contratto (si rientra nella fase delle trattative).


Ma vi sono anche le cd. lettere di patronage forti, alla luce delle quali sussiste una vera e propria garanzia atipica. In questi casi, secondo una prima tesi si ha un contratto atipico con obbligo di facere, e cioè impegnarsi a tenere un certo comportamento nella gestione della società controllata. Secondo una diversa tesi, invece, si ha una promessa del fatto del terzo, che dà luogo ad un’obbligazione indennitaria o risarcitoria nel caso in cui non venga mantenuto il comportamento promesso.

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È obbligatorio denunciare un reato?

13 gen. 2022 tempo di lettura 4 minuti

La denuncia di un reato è, come regola generale, facoltativa: la scelta se denunciare o meno un reato di cui si abbia conoscenza è, infatti, rimessa al senso civico di ciascuno, salvi alcuni casi tassativamente indicati dalla legge.Premessa: caratteri generali della denunciaLa denuncia da parte dei privatiLa denuncia da parte di pubblici ufficiali, incaricati di un pubblico servizio e agenti di polizia giudiziariaLa denuncia da parte del difensore1 - Premessa: caratteri generali della denunciaLa denuncia è una notizia di reato: è, cioè, un’informazione che permette alle autorità giudiziarie (in particolare al Pubblico Ministero) di venire a conoscenza di un illecito penale.A differenza della querela (per un approfondimento sulla differenza fra denuncia e querela vi rimandiamo qui), la denuncia può essere presentata da qualsiasi persona abbia avuto notizia di un reato procedibile d’ufficio. I reati procedibili d’ufficio sono quelli in cui lo Stato procede nei confronti dell’autore reato a prescindere dalla volontà della persona offesa, cioè anche se quest’ultima non sporge querela o se addirittura non vuole che il colpevole sia processato. La maggior parte dei reati è procedibile d’ufficio: ricordiamo, a titolo di esempio, il furto in abitazione, la rapina nonché i più gravi reati contro la persona, come l’omicidio. La denuncia deve contenere, ai sensi dell’art. 332 c.p.p., l’esposizione degli elementi essenziali del fatto, l’indicazione della data in cui viene presentata, le fonti di prova già note nonché, se conosciute, le generalità della persona cui il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che sono in grado di riferire sui fatti.La denuncia può essere scritta o orale e può essere presentata ad un ufficiale di polizia giudiziaria o direttamente al Pubblico Ministero.La denuncia, infine, deve essere sottoscritta dal denunciante: se è anonima non può essere utilizzata. 2 - La denuncia da parte dei privatiL’art. 333 c.p.p. pone la regola generale secondo cui “Ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile d’ufficio può farne denuncia”. Il nostro codice di rito, quindi, lascia decidere discrezionalmente a ciascuno se presentare denuncia per un reato di cui abbia notizia.Vi sono, però, cinque ipotesi in cui il privato è obbligato a denunciare:quando sia un cittadino italiano e abbia avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato punito con la pena dell’ergastolo (si tratta, ad esempio, del delitto di attentato contro il Presidente della Repubblica): se non lo fa, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa;quando abbia ricevuto cose provenienti da delitto: l’omessa denuncia è punita con l’arresto fino a 6 mesi o con l’ammenda;quando abbia notizia di materie esplodenti situate nel luogo in cui vive, pena l’arresto da 3 a 12 mesi o l’ammenda;quando abbia subito un furto di armi o esplosivi: in caso di violazione, è prevista un’ammenda;quando abbia avuto conoscenza del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione: se non lo fa, è punibile con la reclusione fino a 3 anni.3 - La denuncia da parte di pubblici ufficiali, incaricati di un pubblico servizio e agenti di polizia giudiziariaI pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l’obbligo di denunciare i reati procedibili d’ufficio dei quali vengano a conoscenza sia nell’esercizio delle funzioni – cioè durante l’orario di lavoro – sia a causa della funzione o servizio (artt. 361 e 362 c.p.p.). Sono ritenuti incaricati di pubblico servizio, ad esempio, gli insegnanti pubblici: questi, ad esempio, se viene a conoscenza che una sua allieva subisce maltrattamenti in famiglia deve denunciarli, anche se lo apprende fuori dall’orario di lavoro. Anche i medici dipendenti pubblici sono considerati incaricati di un pubblico servizio: ne consegue che hanno l’obbligo di denuncia di tutti i reati procedibili d’ufficio di cui abbiano avuto conoscenza nell’esercizio o a causa delle funzioni. Il medico privato, invece, ha l’obbligo di referto di cui all’art. 365 c.p.p.: si tratta di una particolare forma di denuncia cui è tenuto l’esercente la professione sanitaria che abbia prestato la propria assistenza o operi in casi che possono presentare i caratteri di un delitto procedibile d’ufficio. Il referto deve essere trasmesso alle autorità inquirenti entro 48 ore, a meno che il referto possa esporre la persona assistita a procedimento penale: in questo caso l’obbligo viene meno.Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, invece, hanno l’obbligo di denunciare tutti i reati procedibili d’ufficio di cui siano venuti a conoscenza, anche fuori dal servizio svolto (art. 361 co. 2 c.p.p.). 4 - La denuncia da parte del difensoreAi sensi dell’art. 344-bis c.p.p., il difensore e i suoi ausiliari non hanno un obbligo di denuncia neppure in relazione ai reati di cui abbiano avuto notizia nel corso delle attività investigative da essi svolte: questi soggetti sono in ogni caso vincolati al segreto professionale. Editor: dott.ssa Elena Pullano

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Il consiglio superiore della magistratura (CSM)

14 dic. 2021 tempo di lettura 2 minuti

Il Consiglio superiore della magistratura (CSM) è un organo di rilievo costituzionale, cui gli artt. 104, 105, 106 e 107 della Carta fondamentale fanno espressamente riferimento.La principale funzione del CSM è quella di autogoverno della magistratura. Invero, al fine di garantire l’autonomia e l’indipendenza del potere giurisdizionale dagli altri poteri dello Stato, si è reso necessario istituire un organo che fosse del tutto indipendente dagli altri. Ciò si pone in linea con quanto previsto dall’art. 101, comma 2, secondo cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Al CSM spettano le competenze in materia di assunzioni, assegnazioni e trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati ordinari penali e civili (i magistrati amministrativi, contabili e militari hanno invece propri organi di governo).Anche la composizione del Consiglio superiore della magistratura è finalizzato a garantire l’indipendenza e l’autonomia dello stesso. L’art. 104 della Costituzione prevede infatti che il Consiglio sia presieduto dal Presidente della Repubblica, e che ne facciano parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune a scelta tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio. È tra questi soggetti eletti dal Parlamento in seduta comune che il CSM deve eleggere un Vicepresidente.La durata del CSM è pari a 4 anni e i membri non sono immediatamente rieleggibili.Sempre al fine di garantire l’imparzialità del Consiglio, e di conseguenza l’autonomia e indipendenza del potere giurisdizionale, i soggetti che siano stati eletti come membri del Consiglio non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.Si evidenzia che il CSM è stato nominato per la prima volta all'art. 4 della legge n. 511 del 1907, quindi prima che venisse promulgata la Carta costituzionale. Tuttavia, solo con l’avvento della Carta fondamentale il CSM ha acquisito la sua attuale funzione di organo di autogoverno. Originariamente, invece, ricopriva il ruolo di organo consultivo-amministrativo presso un ministero.Un fatto particolare, e oggetto anche di un’analisi sociologica, è quello che riguarda la componente femminile all’interno dell’organo in esame: le prime donne a diventare componenti del Consiglio Superiore della Magistratura furono nel 1981 la professoressa Ombretta Fumagalli Carulli e la professoressa Cecilia Assanti, entrambe elette dal Parlamento. Soltanto nel 1986 fu eletta dagli stessi magistrati Elena Paciotti. Tuttavia ancora oggi, dopo più di cinquant’anni dall'ingresso in magistratura delle donne, la componente femminile all'interno dell'organo di autogoverno della magistratura non ha acquisito un ruolo numericamente rilevante.

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La tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo

22 apr. 2022 tempo di lettura 1 minuti

Ai sensi dell’art. 51 del Codice, il presupposto indifettibile per la concessione delle misure ante causam è la sussistenza di ragioni di eccezionale gravità ed urgenza che non consentono neppure la previa notificazione del ricorso e la domande di misure cautelari non provvisorie con decreto presidenziale. Solo in presenza di tale presupposto il soggetto può proporre istanza per le misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso in merito alla domanda cautelare in corso di causa.L’istanza va proposta al Presidente del T.A.R. competente per il giudizio, il quale prevede sulla stessa, sentite le parti e omessa ogni formalità.Il decreto che rigetta l’istanza non è impugnabile, tuttavia la stessa istanza può essere riproposta dopo l’inizio del giudizio di merito con le forme delle domande cautelari in corso di causa. Provvedimento di accoglimento che perde di efficacia nel caso in cui entro 15 giorni dalla sua emanazione non venga notificato il ricorso con la domanda cautelare ed esso non sia depositato nei successivi 5 giorni.In ogni caso, la misura concessa ante causam perde effetto con il decorso di 60 giorni dalla sua emissione, dopo di che restano efficaci le sole misure cautelari che siano confermate o disposte in corso di causa. Provvedimento di accoglimento che non è appellabile ma, fino a quando conserva efficacia, è sempre revocabile o modificabile su istanza di parte previamente notificata.

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Come riconoscere una relazione tossica

14 ott. 2023 tempo di lettura 11 minuti

Relazioni tossiche: quando vivere un amore può far male Nonostante la definizione di tossicità appartenga all'ambito della medicina, questo termine viene ampiamente utilizzato anche in ambito psicologico, come nel caso della mascolinita' tossica.Rispetto alle relazioni, invece, questo termine è usato per riferirsi a quando vivere una relazione può far male. Sempre più spesso, infatti, sentiamo parlare di relazione tossica, quella in cui ti trovi a pensare di essere non supportato, incompreso, umiliato o attaccato. Ma qual è il significato di relazione tossica e come riconoscerla? In questa guida vediamo come capire se una relazione è tossica partendo dal significato di amore tossico. ‍Che cosa sono le relazioni tossiche: definizione e significatoLe relazioni si evolvono. Cambiano e crescono. A volte si consumano e si logorano. Una relazione è “tossica” quando diventa un elemento della propria vita di cui si è “intossicati” e da cui si ritiene necessario disintossicarsi. Volendo dare una definizione di relazione tossica possiamo dire che è tossica: «qualsiasi relazione tra persone che non si sostengono a vicenda, dove c'è conflitto e uno cerca di minare l'altro, dove c'è competizione, dove c'è mancanza di rispetto e di coesione». Mentre ogni rapporto passa attraverso alti e bassi sfociando talvolta anche in crisi di coppia, una relazione tossica è costantemente spiacevole e prosciugante per le persone coinvolte, al punto che i momenti negativi superano quelli positivi. Le relazioni tossiche sono mentalmente, emotivamente e forse anche fisicamente dannose per uno o entrambi i partner.‍Tipi di relazioni tossiche Le relazioni tossiche non sono solo quelle dove c'è una violenza di coppia e non sono quindi necessariamente romantiche. Possono esistere in qualsiasi contesto, dal parco giochi alla sala riunioni alla camera da letto. Potresti anche avere a che fare con relazioni tossiche in famiglia e tra amici.‍Esempio: relazione tossica con un narcisistaAlcune persone, soffrono di Disturbo Narcisistico di Personalita'. Il narcisista, tende a nutrirsi dell’attenzione e dell'ammirazione altrui. I narcisisti sentono il bisogno di mettere in difficoltà le persone e farle sentire "inferiori" in una ricerca di superiorità. Questo vale per il partner, ma anche per i figli: basti pensare ai genitori narcisisti, che portano i loro figli a sperimentare i cosiddetti mommy o daddy issues . Poi c’è il narcisista covert di coppia: vulnerabile, prova vergogna e senso d’inferiorità, cerca approvazione ed è ipersensibile a qualsiasi critica. Quando si ha a che fare con persone che soffrono di disturbo narcisistico di personalità, non è sempre certo se siano consapevoli di ciò che stanno facendo. Ma se il loro comportamento ti fa stare costantemente male con te stesso, dovrai valutare di prendere le distanze da questa persona, o almeno, se la persona è presente nella tua vita, di imparare a comunicare con lei con un comportamento assertivo.Come riconoscere una relazione tossica Quando una relazione è tossica? La tossicità inizia a formarsi quando la relazione diventa disfunzionale e può manifestarsi in molti modi diversi. Esploriamo i modi in cui le relazioni diventano tossiche e come superarle.‍Relazione tossica: i segnali d’allarme I sintomi di una relazione tossica includono qualsiasi forma di violenza, abuso o molestia, che dovrebbe essere affrontata immediatamente. Ma in molti casi, i segnali che ci aiutano a capire se una relazione è tossica sono molto più sottili.La prima, e più semplice, è l’infelicità persistente col rischio di diventare un partner depresso.Se una relazione smette di portare gioia e al contrario ci fa sentire costantemente tristi, arrabbiati, ansiosi o "rassegnati, come se ci sentissimo esauriti", potrebbe essere un rapporto di coppia tossico. Potremmo anche provare invidia verso le coppie felici. I cambiamenti negativi nella nostra salute mentale sono tutti campanelli di allarme. Altri segnali di un rapporto tossico sono:Mancanza di supportoLe relazioni sane si basano sul desiderio reciproco di vedere l’altro avere successo in tutte le aree della vita. Ma quando un rapporto è tossico, ogni risultato diventa una competizione. Il partner è spesso assente o irraggiungibile e si ha l'impressione di accontentarsi delle briciole.‍Comunicazione tossicaInvece di trattarvi con gentilezza, la maggior parte delle vostre conversazioni sono piene di sarcasmo, critiche o di aperta ostilità. Uno dei due potrebbe anche sparire e rendersi irreperibile, come nel ghosting, per alcuni periodi di tempo o evitare di sollevare problemi per non provocare tensioni, tenendo tutti i problemi per se stesso. In altri casi la comunicazione diventa ambigua, esitando nel gasligthing, una vera e propria manipolazione psicologica.‍Comportamenti di controlloSebbene sia normale provare gelosia di tanto in tanto, se la gelosia nella coppia diventa una costante possessivita' può diventare un problema. Chiedere sempre dove si trova il partner e arrabbiarsi eccessivamente quando non risponde immediatamente ai messaggi sono entrambi segni di una mania del controllo, che possono contribuire alla tossicità di una relazione. Il controllo può esprimersi anche attraverso la manipolazione affettiva, quando uno dei due partner controlla (più o meno consapevolmente) l'altro per raggiungere i propri scopi. "Se mi ami, devi farlo" è una delle frasi usate dai manipolatori affettivi per mettere in atto un ricatto emotivo.RisentimentoIl risentimento consiste nell’aggrapparsi ai rancori e lasciare che deteriorino l'intimità, non capire a fondo cosa nasconde la rabbia.Nel tempo, la frustrazione o l’acredine possono accumularsi e rendere un piccolo baratro molto più grande.‍DisonestàUn rapporto è tossico quando ti ritrovi a inventare costantemente bugie su dove sei o su chi incontri per evitare di passare del tempo con il tuo partner. E questo vale anche nelle relazioni tossiche. ‍Stress costanteOgni relazione attraversa momenti di tensione, ma trovarti costantemente al limite è un indicatore che qualcosa non va. Questo stress continuo può mettere a dura prova la tua salute fisica ed emotiva. Nelle relazioni violente è possibile sperimentare un vero e proprio stress post traumatico.‍Ignorare i tuoi bisogniUn conto è la sincronicita' tra due persone, un altro è assecondare qualsiasi cosa il tuo partner voglia fare, anche quando va contro i tuoi desideri o il tuo livello di comfort. Questo è un altro segno di tossicità. Ad esempio, potresti accettare una vacanza che il partner ha pianificato in date che non sono convenienti per te.‍Relazioni perseHai smesso di passare il tempo con amici e familiari, sia per evitare conflitti con il tuo partner, sia per andare in giro a dover spiegare cosa sta succedendo nella tua relazione. Ben presto potresti scoprire che il tuo tempo libero è concentrato esclusivamente sul tuo partner.‍La metafora delle relazioni tossicheLa metafora delle “relazioni tossiche” viene socialmente utilizzata per rappresentare un modo di vivere con il partner: si sta insieme con una persona nonostante si riconosca come questa possa far male. Quando si cerca di definire la “tossicità” del proprio rapporto è possibile trovare espressioni che fanno emergere questo modo di concepire e vivere le relazioni:“Sento di vivere un amore tossico”“Sono dipendente dalla relazione”“Non tollero più questa situazione”.Relazione o malattia?In un rapporto tra partner basato su concetti quali: DipendenzaMalattiaTolleranzaTossicitàsi sviluppa la convinzione di non poter abbandonare né la relazione né il modo di starci dentro nel ruolo che ci si sente costretti ad avere e subire, sia nel presente che guardando al futuro. Questo modo di vivere la relazione è considerato infatti come l’effetto di una “malattia” attribuita ad uno o entrambi i partner.‍Lo specchio, la finestra e la torre: nuove metafore per nuovi significatiCome ricorda il sociologo americano W.I. Thomas, definire una certa situazione come “tossica”, la fa diventare reale nelle conseguenze che produce. Per comprendere meglio questo concetto possiamo aiutarci con nuove metafore per nuovi significati. Concepire la relazione nei termini di una malattia può diventare:lo specchio attraverso il quale giudicare sé stessila finestra da cui osservare il proprio partnerla “torre” da cui guardare il mondo.Nel considerare il rapporto come “malattia tossica” possono innescarsi meccanismi auto giudicanti in ciascuno dei partner: si sente il peso di una responsabilità nei confronti della “cura” ed emergono pensieri come ad esempio:“Non sto facendo abbastanza”“So cosa dovrei fare ma non ne ho le forze”“Devo stargli vicino se non voglio che peggiori”.La relazione può diventare “finestra” da cui considerare il proprio partner come “malato” e, proprio in virtù di questo, non solo da “curare” e supportare, ma anche giustificare:“so che mi fa male, ma non è colpa sua”“mi ha detto che da adesso cambierà”.Nel vivere un rapporto in questo modo, è come se la coppia stesse in una torre da cui osserva il resto del mondo. Spesso, chi vive una relazione tossica, si allontana dagli altri ritenendo questa azione addirittura necessaria, perché basata su pensieri come ad esempio:“gli altri non possono capire”“ho provato a farmi aiutare ma mi dicono cose che già so”.Tutte queste idee su di sé e sul partner diventano reali, provocano isolamento, sofferenza e insofferenza, oltre che limitare le scelte di vita.Sentimenti di sofferenza: effetto collaterale o occasione di dialogo?In una relazione tossica i vissuti di sofferenza, insofferenza o delusione sono considerati “sintomi” di questa “malattia”in cui “si sa che qualcosa non va”da cui si “spera di poter guarire”rispetto alla quale “si è convinti di poter far guarire” l’altra persona.Cosa accade se questi sentimenti, invece che essere letti come sintomi o necessari effetti collaterali da dover accettare e subire, diventano un’occasione per ascoltare il dialogo tra parti di sé? Cosa possono raccontare questi sentimenti? Quale intreccio di convinzioni e credenze potrebbero emergere?‍Il test di una relazione tossicaIl primo passo per prendere coscienza di una relazione tossica è quello di porsi alcune domande:Come posso riconoscere una relazione tossica?Come posso uscirne?Perché mi ritrovo sempre in relazioni tossiche?Come mi proteggo dalle relazioni tossiche?Perché devo stare sempre male?‍È proprio in questi momenti che la prima, e più importante, risposta è la domanda. Se vivere sentimenti di sofferenza può diventare l’occasione per interrogare il rapporto tra sé e la propria relazione, le domande sono lo strumento che può generare una possibilità di cambiamento.‍Se queste domande non bastanoA volte, però, porsi domande come quelle che abbiamo elencato innesca un meccanismo di causa-colpa-giustificazione. Questo non permette di immaginare nuove soluzioni anzi, conferma che quella che si sta vivendo “è proprio una relazione tossica” da riconoscere, evitare o terminare.‍Un nuovo punto di vistaPrima ancora di cercare nuove risposte o nuove soluzioni diventa fondamentale cominciare a chiedersi:Cosa rende la relazione che sto vivendo “tossica”?In base a cosa la definisco tale?Quale potrebbe essere il vantaggio di definirla in questo modo?In quali altri modi potrei definirla?Per quali ragioni scelgo di “starci” nonostante sia convinto sia tossica?Che persona mi fa essere questa relazione?Sarei diverso se vivessi un altro tipo di relazione?Come uscire da una relazione tossica Ascoltare le proprie risposte mette in condizione di avere un’altra prospettiva in cui la relazione può liberarsi da questa immobilità che tanto influenza presente e futuro. Porsi queste domande permette di passare da una “fotografia statica” della relazione, dove le uniche possibilità di azione rimangono quelle di “disintossicarsi”, a un “video dinamico” in cui diventa possibile riconoscere il ruolo e le responsabilità di tutte le persone coinvolte.Nell’immaginare un’altra storia, si creano le condizioni per ampliare le proprie possibilità di scelta considerate come cristallizzate dalla “tossicità” della relazione. “Girare il video” della propria storia rende possibile creare una storia “generativa” di possibilità, dove anche il rendersi attore attivo della propria vita può diventare un’ipotesi non solo desiderabile ma anche da perseguire.‍Come chiudere una relazione tossica Una relazione tossica può diventare sana? Sebbene non sia possibile evitare tutte le relazioni tossiche, specialmente tra colleghi di lavoro o un membro della famiglia, esse possono essere gestite con sani confini, cura di sé e consapevolezza. Dovrai capire, insomma, se è possibile risolvere il problema. Se i fattori scatenanti della relazione tossica stanno influenzando i comportamenti, occorre arrivare alla radice del problema è importante, ma a volte l’unica risposta potrebbe essere quella di uscire da una relazione tossica. A volte è meglio finire qualcosa e cercare di iniziare qualcosa di nuovo, piuttosto che imprigionarsi nella speranza dell'impossibile. ‍Come superare la fine di una relazione tossica Può sembrare difficilissimo liberarsi da una relazione tossica. Le relazioni tossiche possono creare dipendenza, essere distruttive e incredibilmente dolorose e possono generare un vero e proprio ciclo della violenza nella coppia. Quel che è peggio è che, una volta dentro, sembra impossibile staccarsi. Se, però, hai trovato la forza di porre fine alla tua storia tossica, oltre a chiedere aiuto ad uno specialista, è fondamentale mettere in atto una serie di comportamenti che non ti facciano ricadere nella relazione. Vediamoli insieme‍a. Contatto zeroLa prima cosa da fare è valutare di interrompere ogni comunicazione. È il cosiddetto metodo del contatto zero. Per farlo, è necessario cessare tutti i tipi di comunicazione con l’altra persona, prima di tutto non ci si deve più incontrare e vedersi. Ma anche smettere lo scambio di telefonate, messaggi, mail e interazioni sui social network.‍b. Circondarsi di positività Imparare ad auto gratificarsi è fondamentale, circondarsi delle persone giuste anche. Trascorri del tempo con chi ti fa sentire bene, concedendoti il ​​tuo pasto preferito o facendo qualsiasi cosa ti renda felice. Attraversare un momento difficile in una relazione può causare uno stress incalcolabile, è importante ricordare che tutte le emozioni sono utili e non possiamo eliminarle.c. Mantenersi fermi nella decisioneDimenticare un amore non corrisposto o un "amore tossico" è faticoso. Spesso dopo aver lasciato qualcuno, si inizia a sentirne la mancanza. Questo è normale. È facile per il nostro cervello ricordare i momenti belli e dimenticare le parti brutte di una relazione. Può sembrare allettante che la persona torni nella tua vita, ma ricorda che sei arrivato a questa decisione dopo un lungo e ponderato processo. Mantieni la tua decisione e ricorda che è stata presa per migliorare te e la tua vita.Prof. Dr. Giovanni MoscagiuroStudio delle Professioni e Scienze forensi e Criminologia dell'Intelligence ed Investigativa Editori e Giornalisti europei in ambito investigativoEsperto e docente in Diritto Penale , procedura penaleAmministrativo , Tributario , Civile Pubblica Amministrazione , Esperto in Cybercrime , Social Cyber Security , Stalking e Gang Stalking, Cyberstalking, Bullismo e Cyberbullismo, Cybercrime, Social Crime, Donne vittime di violenza, Criminologia Forense, dell'Intelligence e dell'Investigazione, Diritto Militare, Docente di Diritto Penale e Scienze Forensi, Patrocinatore Stragiudiziale, Mediatore delle liti, Giudice delle Conciliazioni iscritto all'albo del Ministero di Grazia e Giustizia, Editori e Giornalisti European news Agency

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